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Di prove e disegnetti vari su una Wacom Intuos CTH-680 pen&touch

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Ecco qui. Alla fine è successo.Nell'era del touchscreen e di mille altre risorse per grafici e disegnatori (Cintiq, Windows Surface, Lenovo...) io ho deciso invece di acquistato una Intuos CTH-680, la tavoletta pen&touch della Wacom formato medio (22,2x27,5 cm). Ne ho approfittato anche perché un anno fa, questo aggeggino sfiorava la bellezza di 220 euro. Oggi, proprio per via degli strumenti di cui sopra, le tavolette si vendono molto meno e i prezzi si sono abbassati. Oggi te la porti a casa con 149 euro.

Erano appunto mesi che dicevo di volerla comprare. Ma soprattutto erano anni che non mettevo mano su una tavoletta. Parecchi (troppi) anni.
E quindi sono tornato a casa, ho spacchettato il mio bel regalo, l'ho collegato al pc e ho cominciato a disegnare. E da lì non mi sono più mosso.

Qui sotto ti mostro i miei primissimi esperimenti.


Ho lavorato con Photoshopsu un foglio dimensione A4 in quadricromia e a 300dpi. Photoshop non è l'ideale per una inchiostrazione vera e propria (per quella dovresti lavorare su un documento bitmap a 1200dpi almeno), ma come sai, è ottimo per tutto il resto. Soprattutto per sperimentare con i colori (ovviamente).
E quindi ho caricato dei vecchi pennelli che mi ero costruito anni fa con le mie sante manine e ho simulato diverse soluzioni: acquerelli, acrilici, pastelli a legno. Un po' di tutto nello stesso foglio, insomma. Niente di serio, come puoi vedere. Mi devo prima sciogliere un po'.

Il risultato è carino, tenendo conto che per la prima mezz'ora almeno la mano mi tremava come una foglia. La tavoletta risponde a meraviglia, anche se mi aspettavo qualcosina in più come livelli di pressione della penna e come velocità di esecuzione nelle gesture (inclinazione foglio e zoom).
In ogni caso ora si continua a sperimentare. Passerò anche per altri software come ArtRage o Sketchbook e magari, alla fine, prenderò anche Manga Studio, che non si sa mai.

Insomma, è tornato il tempo di disegnare. E probabilmente questa cosa dovrà prendere anche una piega professionale, a breve. O così si spera, insomma.





prova prova disegnetti #2: Docta Hùùù

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Altro esperimentino senza nulla pretendere. Il buon Dottore inforca i suoi occhialini 3D (non si sa bene per fare cosa), nel doppio episodio finale della seconda stagione. Con photoshop, disegnino a matita veloce, colorazione con i miei personali pennelli ad acquerello digitali.
Risultato: il tratto un po' troppo rapido lo fanno sembrare un disegnino venuto fuori da qualche rigida lezioncina da storyboardista (e qui la mia formazione grafica non aiuta). Ma tenendo conto che ho fatto tutto in una ventina di minuti scarsi, direi che le mie prove su tavoletta grafica procedono spedite.


Di storie inusuali, gente senza memoria, scoutesse all'arrembaggio, tombe etrusche, uomini formica e ripartenze vendicative

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unCommon:Stories
Stories with a Face
diSimone Albrigi (Sio)| Shockdom Comics
16x21 cm | 120 pp b/n | 7 euro

Sioè uno di quei personaggi che se dai retta alle web chiacchiere, o si deve amare o si deve odiare. Io leggo la strip Scottecs Comics praticamente da quando è nata e personalmente trovo Sio divertente e non solo. Di sicuro non è un fesso o un incapace e lo dimostra proprio questo libro, nato dalle sue esperienza nel Sol Levante (ho letto da qualche parte che ha insegnato italiano e inglese in Giappone per un po' di mesi).
Il volume che raccoglie le sue "Uncommon Stories" era un progetto destinato ad essere finanziato su Ulule. Doveva metter su un migliaio di euro affinché finisse in stampa e invece finì per racimolare quasi quattro volte tanto nel giro di poco.
Uncommon:Stories è solo un altro modo per rompere il ghiaccio: "Ciao, stiamo scrivendo un libro su di te, come ti chiami?". È un libro fotografico, foto di facce, sorrisi, smorfie (non) comuni. È un libro a fumetti, un fumetto per ogni persona incontrata, centinaia di vignette su di loro.

Sio scrive e disegna due tavole alla volta, dedicandole alle persone che ha conosciuto in Giappone. Si è fatto raccontare le loro storie e le ha esasperate rendendole divertenti. Ma non tutte. Che come ti dicevo, il ragazzo non sa solo divertire. Insomma, progetto studiato e ben realizzato (con ottimi spunti per chi si occupa di formazione, tra l'altro) e risultato divertente e godibile.



Mind MGMT #1
diMatt Kindt| Panini Comics
17x26 cm | 24 pp colori | 1 euro

Incuriosito dall'uscita in volume di questa serie, ho scoperto che tutta la prima parte era stata stampata da Panini in sei albi monografici da 24 pagine al prezzo di 2 euro e 50 ciascuno (il primo in offerta a 1 euro).
Si tratta dell'ennesima brillante serie del prolifico Matt Kindt, fantasioso autore di Saint Louis che mette a segno con questo Mind MGMT un altro titolo assai interessante da autore completo (dopo 3 Story: The Secret History of the Giant Man eSweet Tooth, tanto per citarne un paio).
Investigando sul caso di un volo di linea in cui tutti a bordo hanno perso la memoria, una giovane giornalista s’imbatte in un programma top secret di Controllo Mentale. È l’inizio di un viaggio alla ricerca dell’uomo che è stato il più grande successo del Mind MGMT… e il suo fallimento più devastante.
La storia è splendidamente dipinta con toni surreali e ti invoglia a leggere il seguito (cosa che farò senz'altro, appena mi capitano a tiro gli altri numeri).


I disegni di Kindt possono piacere o non piacere. Io trovo siano sempre pertinenti al tipo di storie che l'autore si scrive (e questa, a casa mia, è una dote mica da poco) e il tratto fugace, a volte appena abbozzato, ben si sposa con i suoi personalissimi acquerelli.
Avendo letto solo il primo capitolo è in realtà troppo presto per esporsi, ma già così le premesse per una bella serie di ampio respiro ci sono tutte.



Lumberjanes vol. 1
Guardatevi dal Sacro Micio
diAA.VV.| Bao Publishing
16x24 cm | 128 pp colori | 14 euro

Lumberjanesè una serie che parla di cinque ragazze scout, scritta e disegnata da un manipolo di giovanissime autrici (Noelle Stevenson e Grace Ellis ai testi e la bravissima Brooke Allen ai disegni, qui intervistata in un video per la Wacom).
In America è stata pubblicata dalla Boom! Box (etichetta imprint dei Boom! Studios) riscuotendo un buon successo. E di questo primo volume si è fatto un gran parlare anche qui da noi (la "critica" tutta sembrava concorde nel rendere alla serie molte stelline su cinque).
Sorpreso da questo improvviso impeto di gioia, sono corso a comprare il volume, smaccatamente indie, volendomene fare un'idea (credendo si trattasse di uno one-shot e non di un "volume 1", cosa che la Bao Publishing ha ben nascosto, sia nella sinossi sia omettendo il classico numero "1" dall'albo stampato).


Ti dico subito che io ho capito poco. Ci si ritrova nelle primissime pagine in una situazione che sembra nata altrove. Le simpatiche protagoniste affrontano una storia priva di orpelli e senza chiedersi il perché di tante cose. Un'escalation di eventi a ruota libera, nello stile pazzerello e senza troppe pretese della mitica serie animata Adventure Time.
Solo che il finale spezzato (che non mi aspettavo) e l'apparente e concitato svolgimento degli eventi, mi hanno stonato. Di sicuro è un prodotto fresco e divertente, ma non ci ho trovato nulla di particolare o degno di nota.
Quel che c'è di bello, invece, sono i meravigliosi disegni indie della Allen, concept di nuova scuola (vedi Kate Beaton) che trova i propri punti di forza in uno stile "giovane", schizzato, asciutto e molto colorato.

P.S.: Questo formato pocket 16x24 cm che Bao ha adottato come uno dei suoi preferiti, a me non garba molto. Le tavole di alcune serie meriterebbero senza dubbio di respirare meglio.



Alix #1 - La Tomba Etrusca
diJacques Martin| Mondadori Comics
21x28 cm | 64 pp colori | 2,90 euro

Annunciata, stampata e distribuita in edicola nel giro di una manciata di giorni (eh, il potere di un marchio così grande), Alix di Jacques Martin sembra aver raccolto l'entusiasmo degli appassionati di bédé.
La serie, originariamente dedicata ad un pubblico per ragazzi, vede Roma ai tempi della guerra civile tra Cesare e Pompeo. Il conquistatore della Gallia chiede ad Alix di scortare verso la capitale suo nipote Ottavio. Ma lungo il percorso, il gruppo composto anche dall'egiziano Enak e da Lidia, la sorella di Ottavio, sarà costretto a fermarsi a Tarquinia per investigare sui seguaci di Moloch-Baal, sanguinario culto che affonda le radici nella civiltà etrusca.


Se da un lato ho faticato nella lettura nella parte iniziale, dall'altra la trama si è rilassata e stesa nella seconda. Capisco perché da molti, oltralpe, la serie viene considerata un piccolo cult e i disegni di Martin, per quanto d'impianto estremamente classico, scivolano via sotto gli occhi senza intoppi.

Desta curiosità presso gli appassionati, infine, la scelta di Mondadori di pubblicare gli albi non in ordine cronologico. Se da una parte è ormai "tradizione" consolidata ficcare per prime le storie più belle di una serie per invogliare il lettore a continuare la collezione (vedi Asterix, Lucky Luke o Ric Roland), dall'altra è anche vero che le storie di Alix seguono però di pari passo con le vicende della storia di Roma.
Non credo che seguirò la serie (solo per una mera questione economica), anche se qualche altro numero sono tentato di prenderlo.



Ant-Man #1
diN. Spencer, R. Rosanas| Panini Comics
17x26 cm | 64 pp colori | 3,00 euro


E niente. Ormai il modo di scrivere di Fraction su Occhio di Falcoè già diventato scuola. Cavalcando il momento di gloria cinematografica di un personaggio fino a ieri secondario, anche la Marvel lancia in una serie ad hoc firmata da Nick Spencer ai testi e da Ramon Rosanas ai disegni.
Spencer fa sua la lezione di Fraction, appunto (o qualcuno gli chiede di farla sua), e imbastisce un divertente e godibile siparietto che vede protagonista lo sfigato ex criminale Scott Lang alla ricerca di un lavoro, distratto dalle preoccupazioni per sua figlia e mentre subisce le pressioni della sua ex moglie. Una vita incasinata, insomma, che non si addice a chi vorrebbe essere messo a capo della sicurezza delle Stark Industries (e in un colloquio di lavoro non aiuta nemmeno il fatto che Lang risulti morto tempo addietro e poi magicamente tornato in vita).


Le prime due storie raccolte nell'albo sono spassose e divertenti e sconquassano il quotidiano di un super eroe che tutto è tranne che perfetto. Non conoscevo granché Rosanas, ma devo ammettere che le sue tavole sono costruite splendidamente e il suo tratto risulta tanto plastico quanto meticoloso e attento.



Incredibili Avengers #1 (25)
diAA.VV.| Panini Comics
17x26 cm | 80 pp colori | 3,50 euro


Inizia una nuova era per i Vendicatori (e bidibì e badabà, siamo alle solite). La serie che ha visto 25 numeri fa gli Avengers e gli X-Men in team insieme, vede ora una nuova ripartenza per il debutto di una nuova Squadra Unione.
Visione, Rogue, il nuovo Capitan America nero (Sam Wilson), Scarlet, Quicksilver, Sabretooth e il Dottor Woodoo. Rick Remender ci mostra le conseguenze legate ad Axis, saga ormai messa alle spalle (e di cui personalmente non ne so una ceppa) e pone gli Incredibili Avengers nel mirino di un Alto Evoluzionario quanto mai tirannico e crudele. Di fondo, le sottotrame dei gemelli Maximoff, figli di Magneto (che per l'ennesima volta vedono messe in discussione le proprie origini) e l'improvvisa redenzione di Sabretooth.
Il plasticissimo Daniel Acuña disegna splendidamente (e gran merito va ai colori) un nuovo starting point che per quanto non sembra arricchito da particolari colpi di testa, si presenta godibile e interessante, più delle ultimissime produzioni di casa Marvel.


In appendice torna la nuova Miss Marvel (siamo all'episodio 8), ora interpretata da una simpatica teenager pakistana, qui alle prese con gli Inumani, il cagnone Lockjaw e mastodontici robot che ce l'hanno con la scuola pubblica. Non saprei ancora dirti quanto sia davvero buona la storia (che sembra comunque ben congegnata e scritta a modino da Gwendolyn Wilson), ma l'elegante tratto fine di Adrian Alphona rende parecchio bene (bellissime alcune sue illustrazioni come questa).

Doctor Who, la seconda stagione (si, dai, quella del 2006 con David Tennat)

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Alla fine ce l'ho fatta. Tra tante cose da vedere e rivedere, ci ho ficcato di mezzo anche la seconda stagione di Doctor Who.
Dopo la prima, guascona e casalinga (e della quale ti ho ampiamente parlato qui), la seconda vede un cambio al vertice. Com'è ormai tradizione consolidata, l'ultimo dei Time Lord esistenti è ciclicamente destinato a "rigenerarsi" in una nuova forma. Cambiamento solo di tipo fisico dove nell'episodio The Christmas Invasion (tradizionale speciale natalizio che va in onda a cavallo delle varie stagioni) l'interprete Christopher Ecclestone lascia campo libero allo scozzese David Tennant, istrionico attore televisivo e teatrale con la classica gavetta shakespeariana alle spalle.

Sia chiaro, questa seconda stagione rimane guascona e divertente come la prima, ma un pelo sopra in quanto a dramma e idee. Se il budget risicato all'osso e l'atmosfera da tv dei ragazzi sono quasi (QUASI) sempre quelle, c'è da dire che la maggior parte dei concept risulta interessante e offre decisamente più di uno spunto originale.

E' il caso, tanto per dire, di Finestre nel Tempo (ep. 04) dove il Dottore attera su un'astronave abbandonata nel 51° secolo che sembra condividere alcuni "spazi" con la corte di Parigi di inizio '700.
O della storia in due parti (ep. 5-6) dedicata ai Cybermen (che CyberUomini non si può proprio sentire, porta pazienza), dove il protagonista finisce in una dimensione alternativa che assisterà all'ascesa di potenti e crudeli automi, simili all'Iron Man di prima maniera.

Iron Ma I Cyberuomini, mén.

O ancora come in La Trasmittente (ep. 7), ispirato a temi orwelliani, dove un'entità aliena cerca di soggiogare una realtà parallela (in una Londra simile alla nostra, ma negli anni '50) tramite l'avvento della tv.
O il doppio episodio L'Abisso di Satana (ep. 8-9), dove i temi si tingono decisamente di nero e si riflette sulla nascita della religione dei popoli e sulle figure cardine che spesso restano invariate dall'una all'altra (chi è Satana? E' quel Satana che tutti conoscono o quello intrappolato in un asteroide ai confini dell'universo a ridosso di un gigantesco buco nero?).
Bello anche La Disegnatrice (ep. 11) dove una particolare identità aliena si impossessa di una bambina capace di intrappolare le persone in un limbo, dopo averle disegnate su un foglio di carta.

Il buon Dottore scopre le vere sembianze di Satana (e che sarà mai?).

Da sottolineare infine anche il doppio episodio che chiude la stagione, L'Esercito dei Fantasmi (ep. 12-13) che ha meriti e demeriti, ma tra i primi gli va sicuramente riconosciuto quello di essere testimone della fine della collaborazione con Rose Tyler, la bionda e rotondetta spalla del Dottore per due intere stagioni. Non di morte si parla, ma di una quanto mai toccante parte dove il Dottore e Rose cercano di riportare alla luce i veri sentimenti che provano l'uno per l'altra e dove l'attrice Billie Piper tocca indubbiamente il suo picco più alto in quanto a intensità recitativa (forse anche per via del fatto che stava davvero lasciando la serie in altrui mani).

Bye bye, Billie. E un po' dispiace anche a me, via.

Qualche caduta di stile non manca (non sia mai) e mi spiace constatare che ancora una volta la cosa è da appuntare soprattutto agli episodi scritti da Russell T. Davies (quest'uomo proprio non ce la fa a non metterci di mezzo della gommapiuma). Lampante come nel caso di Sulle tracce del Mito (ep. 10), che pur partendo da un'interessante presupposto, finisce poi a tarallucci e vino, con un mostro in stile Power Rangers e un finalino di coda davvero agghiacciante in quanto a stupidità.
O come nel summenzionato doppio episodio che chiude la stagione (sempre opera di Davies) che vede tanta bella carne al fuoco, ma anche un confronto tra razze avverse, i Cybermen e i Dalek, che in modo più giggione davvero non poteva essere realizzato.

La Guerra delle ArmatuCybermen vs. Dalek (volevo metterti l'alieno terrificante
alla fine dell'episodio 10, ma niente, non ce la faccio proprio).

Conclusioni: per quanto alcune pecche rimangano ben evidenti, questa seconda stagione porta con sé tanti imput interessanti, impreziosita anche da un attore, David Tennant, che per quanto sia costretto a recitare una parte pazzerella ma ben delineata, è riuscito a mettere bene dove poteva il proprio mestiere e tutta la propria simpatia. Ed è benedetta dalla scrittura brillante di alcuni autori. Non tutti, ripeto, ma in particolare Steven Moffat, Mark Gatiss e Matt Jones.

Insomma, la seconda stagione del "Docta Huuu" (come recitano i trailer originali) è molto meglio della prima e conferma la prima regola per gli appassionati del viandante spazio-temporale per eccellenza: scendere a compromessi e sorbirsi cosine un po' così (sempre meno, grazie a Dio), alternandole però a delle lucide schegge di genuinissima fantasia.

E adesso, con calma, via verso la terza.

Polpodelfino (Sketchbook Pro + Photoshop)

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Le mie sperimentazioni con la Wacom Intuos procedono spedite. Dopo un po' di esercizio per cercare di riprendere confidenza col pennino, mi sono lanciato in qualcosa di più "definito". Accantonato temporaneamente ArtRage (me lo ricordavo molto più completo), sono tornato su Sketchbook Pro.

La release di casa Autodesk raccoglie una serie di pennelli standard che rispetto a Photoshop sono più definiti e meglio settati e offre soluzioni immediate che con altri software di disegno devi costruirti da solo (anche se non l'ho usata, è cosa buona la guida per evitare tratti tremolanti).
Tenendo conto del prezzo di mercato (70 euro per la versione 7 che come novità include anche l'inserimento della gabbia prospettica), direi che assolve pienamente alle esigenze di chi fa illustrazione o storyboard.


Discorso diverso per la colorazione. Per quanto gli strumenti non manchino, la possibilità di lavorare dettagliatamente su selezioni e singoli livelli rimane abbastanza limitata. Quindi, dopo aver salvato il mio disegno in tiff, sono passato a Photoshop per una colorazione un pochino più "accorta".
Non sono un colorista, né un convinto sostenitore della colorazione troppo elaborata, ma devo ammettere che il risultato finale mi garba abbastanza.

Il Talento di Mr. Ripley

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Della regina del giallo psicologico Patricia Highsmith avevo letto poco o nulla. Ho deciso quindi di colmare una lacuna più o meno grave con la lettura di uno dei suoi classici per eccellenza.
Il Talento di Mr. Ripleyè un romanzo del 1955 che introduce per la prima volta nell'universo highsmithiano il personaggio di Tom Ripley (che tornerà anche in quattro successivi capitoli), giovane e truffaldino newyorkese che vive di piccoli "espedienti".
L'entrata a piedi uniti nella zona oscura, però, gli verrà fornita solo quando il ricco industriale Herbert Greenleaf prima lo riconoscerà come un vecchio amico di suo figlio Dickie e poi lo spedirà in Italia sulle tracce dell'errabonda prole, con la speranza che Tom possa convincerlo a tornare finalmente a casa, negli Stati Uniti.

E' così che mister Ripley parte alle volte di Mongibello, paesino costiero del napoletano (inventato dall'autrice) preso di mira da una schiera di giovinotti americani come meta ultima di festaiole e rilassanti vacanze, unicamente dedicate agli aperitivi in terrazza, alle giornate di sole passate in spiaggia, alle gite in barca a vela e ai festini alto borghesi. Ed è proprio qui, tra grasse risatine e la bella vita da salottino, che Tom verrà in contatto con Dickie e con la sua amica scrittrice Marge Sherwood.

Se da una parte Tom sarà costretto a dare conferma a certe sue pulsioni sessuali, trovando in Dickie un personaggio molto più che interessante, dall'altra ne odia vizi e ozi, paragonando quella vita disinibita e priva di pensieri con la propria, miserrima e dalle braccia corte. E la cosa lo porterà a riflettere sulla possibilità di ottenere uno scambio di vita conveniente e repentino, mettendo alla luce il suo lato più oscuro (che lui stesso scoprirà di pari passo con il lettore).


Il Talento di Mr. Ripleyè un romanzo che fa della psicologia criminale (e non) il proprio punto di forza. Una delle migliori prove che testimoniano tutta la tenacia della Highsmith nel cercare di tratteggiare profondamente la psiche di individui sempre al limite della propria moralità.
Ma la storia è anche un inno alla bella Italia (costellato da piccoli appunti alla tracotanza e alla lentezza del popolo italico), testimoniato dall'approdo di Tom e compagnia prima a Napoli e poi a Sanremo, Roma e infine Venezia.



P.S.: Urge ora andarsi a rivedere quel piccolo gioiello cinematografico (dal titolo omonimo) firmato dalla regia di Anthony Minghella e impreziosito dalle ispirate interpretazioni di Matt Damon e Jude Law, che ripercorre le gesta di Tom Ripley in questo primo capitolo.

Chinaman

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Buono e saporito il primo albo (di cinque) che la Collana Western della Gazzetta dedica alla serie Chinaman. Uno spaccato affascinante che se da una parte si colloca storicamente nel solito ventennio dei classici del western, dall'altra vede un protagonista interessante dalle origini inedite. Parliamo infatti del cinese Chen Long Anh, arrivato via mare a San Francisco per servire il padrone Wung Fei e seguire da vicino i problemi legati all'immigrazione dei propri connazionali, arrivati in massa dalla Cina per lavorare alla costruzione delle prime grandi ferrovie americane.
Fermato al suo arrivo in porto per essere registrato, il buon Chenè subito vittima degli sproloqui razzisti degli "autoctoni" che, vista la difficoltà nel trascriverne il nome, lo ribattezzano semplicemente John Chinaman tra l'ilarità generale. Risate grasse destinate a spegnersi qualche attimo dopo, in seguito ad una feroce stretta di mano e ad uno sguardo cattivo cattivo.


Accanto a Chen troviamo il suo fido compagno e collega di scorribande Chow, entrambi con un passato da mercenari alle spalle, entrambi profondi conoscitori delle arti marziali dopo lunghi anni di durissimo addestramento al servizio di Wu Fei.
Ora, inviati in America dai signori di Canton, i due dovranno fare pulizia e ordine negli affari cinesi e lo faranno, come da migliore tradizione del genere, con spade, calci che levati di torno e gente che rotola dai balconi. Ma il tutto confezionato con buon gusto e disincantato realismo, senza mai eccedere in sboronate gratuite.


In questi primi due episodi, La Montagna d'Oro e Ad Armi Pari,Chen verrà a conoscenza di un doloroso pezzo del proprio passato e, datosi alla macchia, cercherà di comprendere le regole del nuovo mondo destinato ad ospitarlo per lungo tempo, cercando di reinterpretarne a modo proprio usi e costumi. Sulla sua strada, manco a dirlo, uomini chemal sopportano le diversità o semplicemente votati anima e core alle ingiustizie.


Gli autori di questa bella sorpresa sono lo sceneggiarore francese Serge Le Tendre (Tirésias, Les Voyages de Takuan e il ciclo di Taï Dor in coppia con Rodolphe) e il cartoonist di origini vietnamite Olivier Ta (meglio noto solo come TaDuc). Le storie di Le Tendre sono intriganti e ben strutturate, i disegni di TaDuc sono puliti e dinamici il giusto, con una costruzione della tavola molto equilibrata (e cinematografica) e il suo tratto è rotondeggiante e ben definito (in certe cose mi ha ricordato il nostro Raffaele Della Monica).

Chinamanè una serie che all'epoca ha riscosso molto consenso in Francia e che si è chiusa nell'arco di nove albi, 4 con Les Humanoïdes dal 1997 al 2000 e 5 con Dupuis dal 2001 al 2007. In Italia, parte di queste storie è già stata serializzata prima dalla Comic Art in volumi monografici e poi dall'Aurea sul settimanale Skorpio a partire dal 2012.

Consigliatissimo (però in edicola ci trovi già il numero 2, eh).

Tex, Frontera (e di come in Bonelli abbiano felicemente aperto le gabbie)

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Dopo l'esperimento del Tex di Serpieri qualcuno, me compreso, si è chiesto che fine avrebbe fatto la collana. Quello di Serpieri era da ritenersi l'avvio di una nuova avventura editoriale o un estemporaneo one shot senza seguito?

Alla questione risponde lo stesso Davide Bonelli che, nell'editoriale dell'albo cartonato a colori intitolato Frontera, specifica ancora una volta che si, quello di Serpieriè stato un esperimento, una sorta di numero 0, ma che la collana continua. E ora, a soli sei mesi di distanza dal precedente, si fregia di un nuovo capitolo (e altri ne seguiranno).

Sul Tex in questione (Romanzi a Fumetti #2) circolavano diverse voci già da qualche mese. Quel che era sicuro, però, era che alla macchina da scrivere si sarebbe seduto il veterano della serie regolare Mauro Boselli e al tavolo da disegno l'esperta mano di Mario Alberti.
La scelta di Alberti non è stata certo dettata dal caso. Vista l'esperienza in ambito internazionale del cartoonist triestino (oltre ai passati lavori su Nathan Never e Legs Weaver, ci sono poi quelli per le major americane Marvel e DC e per gli Umanoidi francesi), gli alti vertici hanno scelto di dare un respiro e un taglio grafico molto più alla francese, per un albo che complessivamente è da considerarsi un vero e proprio passo da gigante rispetto al passato recente. Un albo che per foliazione, struttura, disegni e colori (opera pienamente riuscita dello stesso Alberti) è votato ad una distribuzione senza barriere.

Quello che ritroviamo in Fronteraè un Tex appena trentenne, un filo più cinico e smargiasso, tanto più scavezzacollo e un pelo meno preoccupato dalle conseguenze delle proprie azioni. Un Tex Willer pre arruolamento nel corpo dei rangers del Texas, intento a spaccare pietre in un penitenziario ai confini del Messico, scapolo e senza figli, ma già compagno di scorribande di un meno ingrigito e più vigoroso Kit Carson che cerca di portarlo dalla parte giusta della barricata. Un giovane Tex quasi (quasi) irriconoscibile che nel giro di poche tavole si rivelerà, sbarbandosi e ripulendosi, in una vera e propria vestizione dell'eroe, con la mise casual che da quel momento in poi diventerà la sua seconda pelle.
"Nel carcere messicano di Frontera langue un misterioso prigioniero che la bella francese Blanche Denoel vuole libero a tutti i costi perché la aiuti nella sua vendetta! Ed è solo la miccia che accende una colorata esplosione di avventura e violenza nelle assolate praterie del SudOvest, tra pugni, cavalcate, spari e Comanches!"
La sceneggiatura di Boselli si muove rapida e leggera lungo una buona storia che si legge veloce e senza particolari colpi di scena (e sarebbe parso strano, vista la natura sperimentale alla nascita di questa collana).
Discorso a parte per i disegni. Il tratto di Alberti sembra essersi ulteriormente arricchito rispetto ai suoi lavori più recenti, la magnificenza di certe tavole è sotto gli occhi di tutti.




Come puoi vedere, la prima cosa che salta agli occhi è il lavoro fatto per destrutturare la classica gabbia bonelliana. Non mancano tavole a sei vignette o simili, per carità, ma nella maggior parte dei casi possiamo ammirare più strisce orizzontali (in qualche caso addirittura cinque), tre verticali, intersezioni con immagini di sfondo, balloon fuori vignetta e altri rimaneggiamenti che fanno bene agli occhi.
Non è certo la prima volta che si opera al di fuori del canone. Medda ha tentato la strada più volte negli anni '90 con Nathan Never e, più recentemente, diversi disegnatori (in accordo con Recchioni, immagino) hanno sentito la necessità di un approccio alla tavola più "americano" per
Orfani. Però rimirare certe cose in un bel formato gigante come quello di Frontera, dona ampio respiro e le cose rosolano meglio in padella.

Sono contento che in Bonelli abbiano compiuto questo passo. E a breve prevedo nuove iniziative sulla falsa riga di questa e un maggiore riguardo da parte dell'estero al fumetto italico. Bravi.


Stuart Bache book design

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Stuart Bacheè un art director e un appassionato book designer. Ha lavorato come art alla OneworldPublicationsdove è riuscito ad illustrare una variegata lista di titoli dai generi diversi: fiction, crime elibri per ragazzi. In passato ha lavorato come designer per HarperCollins, Canongate, Simon & Schuster,Little BrowneHodder&Stoughton, doveha avuto la bella possibilitàdi interpretare graficamente i romanzi di autori qualiStephen KingeJohn le Carré.

Su stuartbache.co.uk trovi tutti i suoi lavori.












Lego Ideas

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Lego Ideasè un progetto nato qualche anno fa che ha permesso agli appassionati di tutto il mondo di progettare i modellini dei propri sogni e proporli alla nota azienda canadese produttrice di mattoncini.
Dopo una regolare votazione dei fans e un'attenta valutazione dei responsabili Lego, alcuni progetti vengono poi prodotti e distribuiti in tutto il mondo.

Dal punto di vista del marketing, è un'operazione davvero tanto azzeccata perché coinvolge in prima persona i fan più operosi sfruttando la loro passione (basta avere tanta pazienza e saper utilizzare Lego Digital Designer) e poi perché è una soluzione geniale per convogliare risorse, idee e lavoro. Il tutto messo a punto da un'azienda assolutamente leader del proprio mercato e dalle potenzialità pressoché illimitate (Lego detiente praticamente i diritti e le licenze di tutti gli universi creativi più belli in circolazione).


Basti pensare che solo le ultimissime, interessanti produzioni targate Lego Ideas hanno coinvolto personaggi e brand come Wall-E, Ghostbusters, The Big Bang Theory, Ritorno al Futuro e 20.000 Leghe Sotto i Mari (ma che dolore, e che strano, vedere incompiuto il progetto sulla Enterprise NCC-1701 di Star Trek).
Meravigliosi mondi colorati che prendono forma, un mattoncino dopo l'altro, e che se una volta erano appannaggio esclusivo dei giovani e giovanissimi, oggi strizzano l'occhio anche e soprattutto ai più grandi.





Notiziona dell'ultima ora riportata dal Corriere della Fantascienza, invece, e che riempirà di gaudio ed eccitazione tutti gli appassionati del Doctor Who, è che dal primo dicembre prossimo sarà in vendita il primo set ufficiale di mattoncini tutto dedicato proprio alla leggendaria serie britannica (progetto proposto nel 2014 dall'illustratore e designer 3D Andrew Clark).


La scatola, ovviamente, conterrà il Tardis (chiuso) e l'interno con la plancia di comando (la cabina si apre in modo da collegare la plancia e avere un diorama unico come mostrato in questo video).
Per quanto riguarda invece le "minifig", saranno presenti due Dalek, un Angelo Piangente, Clara Oswald e ben due Dottori, l'11° (Matt Smith) e il 12° (Peter Capaldi). Ci è dato sapere che il progetto originaledi Clark comprendendeva però anche un Cyberman, il cane robotico K9, il 10° Dottore (David Tennant), la sua spalla femminile Rose Tyler e addirittura il vecchio Dottore interpretato da Tom Baker (con tanto di sciarpa).






Tutto questo per dire che in Lego devono divertirsi parecchio tutto il santo giorno (ma a volte anche no, immagino) e mi sa tanto che il mio cv magari glielo giro, via mail, che non si sa mai. Stai a vedere che piglio due piccioni con una fava (uno, lavorare in un posto dove progettano "giocattoli" e due, andare a vivere in Canada).

P.S.: Ah! Ovviamente sono ironico.

The Sherlock Special

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Ecco qui il secondo, squisito trailer dell'episodio speciale di Sherlock, la meravigliosa serie tv inglese (della quale ti parlerò settimana prossima, scendendo in dettagli e minuzie) che ha rivisto in una splendida chiave moderna il mito del detective più famoso di sempre.
Visto il successo unanime che la serie in questione ha riscosso in tutto il mondo, questo special finirà dritto dritto al cinema durante il prossimo periodo natalizio. Particolarità che aggiunge non poco fascino alla vicenda è che gli attori Benedict Cumberbatch e Martin Freeman smetteranno le vesti contemporanee di Holmes e Watson per calarsi, come nell'opera originale, in un'affascinante, splendida Londra vittoriana.

Non so tu, ma io e mia moglie non vediamo l'ora di correre al cinema.


"Plotted: A Literary Atlas" by Andrew DeGraff

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Realizzato dall'illustratore californiano Andrew DeGraff, Plotted: A Literary Atlasè un meraviglioso lavoro che merita tanta tanta attenzione.
Si tratta di un vero e proprio atlante illustrato da una serie di "mappe letterarie" destinate a chi non vuol perdersi nelle fantasiose e appassionanti location descritte nei romanzi più noti del mondo della letteratura. Da Mark Twain a Jules Verne, da Emily Dickinson a Borges e tanti altri.

Tanto stupore e tanta voglia di stringere tra le mani, e sotto gli occhi, un lavoro del genere. Intanto qui sotto ti piazzo alcune delle illustrazioni più belle (clicca per ingrandire). Se ti interessa, tutti i lavori di Andrew li trovi QUI.

Jules Verne | Il Giro del Mondo in 80 Giorni

Madeleine L’Engle | Nelle Pieghe del Tempo

Mark Twain | Le Avventure di Huckleberry Finn

Richard Adams | La Collina dei Conigli

Jorge Luis Borges | La Biblioteca di Babele

 
Daniel Defoe | Robinson Crusoe

 
Frederick Douglass | Narrative of the Life of Frederick Douglass, an American Slave

Emily Dickinson | A Narrow Fellow in the Grass

Sherlock, le prime (e per ora uniche) tre stagioni. Tutta la fresca bellezza della serie in 9 punti

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Sherlock, lo saprai, è una serie tv britannica della BBC che prende il mito dell'investigatore più celebre di sempre, quello di Conan Doyle, e lo porta ai giorni nostri. Partita nel 2010, la serie ora conta tre stagioni all'attivo, una quarta in preparazione e l'episodio speciale natalizio che passerà prima dalle parti del cinema (e del quale ti ho parlato proprio un paio di post fa).

Riproposizioni di questo tipo sono all'ordine del giorno. Basti pensare che, più o meno nello stesso periodo, la CBS americana volle la propria versione di uno Sherlock Holmes moderno e così nacqueElementary.Ma Elementaryè una robetta che funziona poco e non ha ciccia intorno, perché non riesce ad andare oltre i cliché del caso.

E cosa rende inveceSherlock una serie tv brillante e divertente, tra le migliori produzioni del genere degli ultimi anni e che ha sulla mensola una serie spaventosa di premi e candidature?


1 - LA STRUTTURA. 
Non si parla della classica serie tv. Ogni stagione di Sherlockè composta da soli tre episodi. Ogni episodio dura un'ora e mezza. Siamo a metà strada tra un classico episodio televisivo e un lungometraggio. Questa cosa dà respiro vigoroso alle vicende. E non poco.

2 - GLI ATTORI. 
Mettila come vuoi, ma una serie che può vantare a registro un paio di attori come Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, non può non essere almeno una roba interessante. Ok che i due all'epoca non erano celebri come lo sarebbero diventati da lì a poco, ma è proprio grazie alle interpretazioni in Sherlock che i cancelli si sono aperti: il primo (attorone cinematografico di grande spessore, secondo chi scrive) ha visto la propria consacrazione al cinema in film come 12 Anni Schiavo, Il Quinto Potere, Star Trek - Into Darkness e The Imitation Game (e prossimamente te lo troverai protagonista del film dedicato al Dottor Strange). Il secondo è stato chiamato prima da Peter Jackson al cinema per la sua trilogia, Lo Hobbit, e poi dai fratelli Coen di nuovo per la tv, per Fargo (e pure di questa abbiamo già parlato).


3 - LA REGIA. 
I vari episodi sono girati bene e con un certo piglio. I registi sono diversi, ma tra gli altri vanno citati personaggi di una certa esperienza come Paul McGuigan (The Acid House, Slevin - Patto Criminale) o Coky Giedroyc (Penny Dreadful e The Killing). In generale a tutti sembrano essere concessi picchi e vezzi di solito non presenti in altre produzioni inglesi (da quelle parti, la serie meglio girata degli ultimi anni era Luther).
Montaggi creativi, fotografia brillante e storyboarding di alto livello. Insomma, parecchi episodi sono una manna per gli occhi.

4 - LA SCRITTURA. 
Dal soggetto alla sceneggiatura, la serie ha sempre visto alla macchina da scrivere l'affiatata coppia composta da Steven Moffat e Mark Gatiss. Moffatè anche uno degli autori più geniali di Doctor Who (degli episodi più belli, in pratica) e ha scritto anche Tintin - Il Segreto dell'Unicorno per Spielberg. Gatiss in realtà è molto più noto come attore e infatti nella serie interpreta anche (e meravigliosamente) Mycroft, il fratello di Sherlock.
 

5 - LA RILETTURA. 
Ci andava poco a fare un disastro (chi ha detto Elementary?), ma quelli della BBC sono partiti da un imperativo: l'opera originale di Conan Doyleè sacra (ma con moderazione). Già a partire dai titoli è chiaro quanto si sia voluto omaggiare il canone sherlokiano (Uno Studio in Rosa, Scandalo a Belgravia, I Mastini di Baskerville, Il Segno dei Tre...). Ma anche i vari personaggi, curati e sfaccettati fino allo sfinimento, rispettano per certi versi quelli originali (esempio: Mycroft Holmes lavora davvero per i servizi segreti britannici, ma qui è molto più potente di quanto non fosse il Mycroft di Doyle).
Anche l'approccio di Sherlock al vaglio delle prove risulta classico ma ben curato. Poco ci voleva per finire in facili manierismi o in uscite stucchevoli, ma qui il protagonista è dipinto come un autentico genio della deduzione che riesce sempre a spiegare in modo efficace le proprie conclusioni (tranne in un paio di occasioni appena).


6 - I PROTAGONISTI. 
Come sarebbe davvero un tipo come Sherlock Holmes ai giorni nostri? Probabilmente proprio come lo hanno dipinto Moffat e Gatiss in questa serie, "un sociopatico ad alto rendimento", cinico, egocentrico e tremendamente annoiato quando non è al lavoro su un caso. Consulente quasi ufficiale di Scotland Yard, Sherlock cammina sempre a cavallo tra luci e ombre e sfugge a tutti i costi (fino allo sfinimento) a quella che potrebbe essere considerata una vita ordinaria.
Il caro dottor Watson, dal canto suo, è un ex ufficiale medico, reduce della guerra in Afghanistan. Portamento militare, testa quadrata, andamento zoppo per via di una scheggia di granata nella gamba, John segue una terapia psichiatrica per cercare di far luce in certi posti bui. Anche lui sfugge ad una vita normale, ma non ha la forza di ammetterlo. Ecco perché decide di seguire Sherlock nelle sue scorribande. Ecco perché, come l'originale di Doyle, riporta per iscritto le gesta del detective (ma qui lo fa tramite un seguitissimo blog).


7 - I PERSONAGGI.
Tutti di estrazione doyliana. I buoni: l'ispettore Greg Lestrade, Mycroft HolmesMrs. Hudson, il medico patologo Molly Hooper, Mary Morstan o la bella ma pericolosa Irene Adler (interpretata da una splendida e bravissima Lara Pulver). E i cattivi: Jim Moriarty e Charles Augustus Magnussen tra gli altri. Tutti come da canone, tutti profondamente diversi (Magnussen, per dire, ha solo un ruolo marginalissimo nelle storie di Doyle, mentre qui assume le sembianze di un mefistofelico, pericolosissimo antagonista).

8 - L'IRONIA.
Non è un valore marginale, quello dell'ironia. Sovente i momenti di tensione sono stemperati da divertenti siparietti, ma non di quelli che puoi trovare ovunque. Non si tratta solo di humor all'inglese, tanto per intenderci. E' per tutti e fa davvero tanto ridere. E' un modo di fare ironia pungente e cinico e sempre molto misurato. Non la si fa mai fuori dal vaso, non si eccede, non ci si perde cercando la risatina facile.


9 - I COLPI DI SCENA.
Non accade quasi mai quello che ti aspetteresti. In questo senso, Moffat e Gatiss sono perfettamente in grado di sorprenderti. Ogni trovata è un piccolo gioiello, ogni piega che prende la vicenda principale nasconde un prezioso tesoretto pronto a farti sgranare gli occhioni.
In certi casi sembra addirittura non esserci una regola e la cosa è spiazzante, ma funziona. Un esempio? Arriva a guardare il terzo episodio della terza stagione (L'ultimo giuramento) e poi sappimi dire.

Sono nove punti, ma potrei trovarne altrettanti. In realtà mi sono dilungato sin troppo nel cercare di descrivere una serie che semplicemente funziona a meraviglia, studiata come poche per quanto riguarda la scrittura e interpretata magistralmente anche dalle figurine sullo sfondo.
Dice, "da come ne parli sembra la serie del secolo". Non ho detto questo, ma si fatica parecchio a trovare cose sbagliate.

E se proprio fossi costretto a citare cose brutte, riuscirei a tirarne fuori a stento un paio: un'arma improbabile (stagione 3, episodio 2,Il Segno dei Tre) e la semplicità con la quale i due protagonisti riescono ad entrare ed uscire da una base militare (stagione 2, episodio 2,I Mastini di Baskerville). E ce n'é un'altra, ma riguarda il solo doppiaggio italiano: la voce del protagonista, per quanto risulti convincente, fine e acuta, impallidisce letteralmente posizionandosi all'estremo opposto rispetto della voce originale di Cumberbatch, una delle più profonde e calde che la tv abbia mai conosciuto.

Detto ciò, tutto il resto è freschezza in crescendo, bellezza, tanto sano intrattenimento e qualche grassa risata. Senza "se" e senza "ma".

Disegnetti: ooooohh, Tony

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Altre prove a casaccio con la Intuos CTH-680. E' un po' di tempo che sono fermo su Sketchbook Pro. Per quanto preimpostati, ci si può solo innamorare dei pennelli a disposizione e della loro flessibilità. Ecco quindi uno di quelli più interessanti, un pennello dinamico dal tratto volutamente irregolare e traballante con un largo margine tra gli spessori (da fine a spesso), a seconda della pressione esercitata con la penna.
Si, è una cosa che fanno tutti i pennelli, ma il divario tra gli spessori (comunque personalizzabile) di questo in particolare, ti dà l'impressione di avere realmente un pennello tra le dita.

Per sperimentare su una serie di ritratti ho scelto un soggetto a caso, Tony Soprano (ma guarda un po'). La varietà di espresioni del buon James Gandolfini ben si prestava. Il risultato finale è qualcosa che in realtà non mi serve a granché, macchissenefrega? Mi sono divertito una mezz'ora.



Jakub Rebelka

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Illustratore, character designer e cartoonist di provata esperienza, Jakub Rebelka (polacco, classe '81) si destreggia con maestria tra il mondo del fumetto e quello dell'illustrazione editoriale. C'è poco altro da aggiungere, se non guardare le sue opere e sbalordire rabbrividendo. Se ti interessa, QUI trovi il suo tumblr e QUI la sua galleria sul sito Art Station. Meraviglia.















Mister No, come un romanzo

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Per festeggiare degnamente un importante anniversario, la Bonelli manda in edicola un Avventura Magazine (il secondo, dopo quello di Attilio Micheluzzi) interamente dedicato a Mister No, celebre e compianto personaggio ideato dallo stesso Sergio Bonelli ben quarant'anni fa.

Mister No, Come un Romanzo ("La Vita Spericolata di un Eroe Ribelle") ripercorre quindi la storia di Jerry Drake, delineata in passato nell'arco di 379 albi della serie regolare, 20 speciali, 2 maxi e 16 Almanacchi dell'Avventura.
Quello che prima di tutto viene a galla dalle oltre 288 pagine da cui è composto il tomo in questione è che nessun'altro personaggio della scuderia dell'editore milanese ha un passato così tanto ricco di storia e sfumature.


Nel pugno di tavole inedite architettate da Michele Masiero e Roberto Diso, che fanno da apertura e chiusura a tutta la vicenda, l'ex commilitone e amico di Mister No, Phil Mulligan (oggi scrittore di professione), decide di raccontare la biografia del pilota americano, costringendolo a ripercorrere i propri passi partendo dalla sua adolescenza nella jungla d'asfalto di New York, tra mentori della mala e amici pugili falliti, passando per il difficile rapporto con il padre, la partenza alle armi come pilota dell'Esercito Americano, l'orrore della guerra in Giappone, l'origine dell'amicizia con Esse-Esse, il ritorno in America e le veloci capatine in Italia.
Per arrivare infine in Brasile, tra la sonnecchiosa ex capitale, Manaus, e l'inferno verde amazzonico dove tutto avrà inizio per i lettori che, in quel lontano 1975, lessero la sua prima storia.


Il resto delle tavole a fumetti sono quelle dei vecchi episodi ma ricolorate per l'occasione. Si contano quelle dello stesso Roberto Diso, ma anche di Giovanni Bruzzo, Orestes Suarez, Fabio Valdambrini, Franco Bignotti e dei fratelli Di Vitto. I testi romanzati (a tratti didascalici, ma a ragion veduta) sono invece interamente opera di Luigi Mignacco, arricchiti dalle bellissime illustrazioni di Aldo Di Gennaro.

L'unica nota critica che mi sentirei di muovere è la totale assenza delle belle e lunghe trasferte di Mister No, prima in Africa (della quale ti ho parlato QUI) e poi in Asia. Anche se mi rendo conto che a quel punto, di pagine, ce ne sarebbero volute ben più di 288.
Una nota curiosa, invece, sta nel far risalire la data di nascita di Jerry al 1922 (ma non è la prima volta). A me è sempre parso strano che nel 1940, all'epoca della sua partenza per la guerra, Jerry fosse appena diciottenne ma già tanto maturo nell'aspetto (vedi la sua mezza capigliatura canuta già vistosamente presente) o che nel '50, all'inizio della sua nuova avventura a Manaus, di anni ne avesse solo una trentina. Personalmente l'ho sempre immaginato come uno splendido e atletico 40/45enne.


In definitiva si tratta comunque di un vero e proprio tuffo nel passato. Un albo sontuoso che celebra degnamente un anniversario importante, insomma, destinato a reintrodurre nella memoria dei lettori le gesta eroiche (e non) di uno tra i più interessanti protagonisti del fumetto popolare italiano.
Come si evince dalle parole di Michele Masiero alla fine di questa intervista, infatti, anche se non si sa ancora in quale veste, tra le intenzioni dell'editore c'è quella di riportare alla luce il pilota amazzonico con nuove avventure
E io, personalmente, in questa cosa ci spero parecchio.

Spudorata autopromozione

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Forse ti ricordi, o forse no, che mesi fa è successo che ho perso il lavoro come migliaia e migliaia di altre persone in questo mondo infame. Da allora mi sono rimboccato le maniche e ho cercato di capire (e lo sto ancora facendo) cosa fare davvero del resto della mia vita. Mi piacerebbe dirti che in questo ultimo anno io mi sia rilassato e riposato, che abbia avuto il tempo di riflettere sulle mie scelte future. Ma invece, al contrario, non mi sono fermato un attimo (della qual cosa, come capirai, non posso certo lamentarmi, visto mutuo e famiglia da tenere su).

In ogni caso, tra un pensiero e l'altro, visto che quello che faccio è il grafico (sono un "art grafico", per chi mastica un po' di più l'argomento), ho dovuto radicalmente dare forma alla mia "immagine".
Questo dovrebbe essere il mio mestiere, quello che faccio da oltre 22 anni. E in realtà è quel che so fare e basta (e purtroppo la cosa suona anche come una mezza condanna, in questo periodo).


Di cose ne ho fatte tante e in tutte ho sempre cercato di restituire una certa continuità, così come all'immagine che davo di me stesso. Ecco quindi che ho realizzato tutta una serie di materiali autopromozionali che mi sono serviti (e mi serviranno ancora) per far sapere al resto del mondo chi sono, cosa faccio e come. E' un'esigenza che nasce appunto dalla mia ricerca di un lavoro in pianta stabile, anche se una serie di collaborazioni da freelance con agenzie di un certo spessore (tra Milano e Torino), mi spingono sempre più verso la vita randagia del lavoro autonomo.

Purtroppo (ma anche no) non ho vinto nessun Leone a Cannes per la comunicazione e quindi mi ritrovo costretto a fare uso dei normali mezzi promozionali, così come farebbe ogni buon artigiano. Bigliettini da visita, carta intestata, un pieghevole A4 a tre ante con il mio CV, una presentazione, le mie esperienze lavorative, gli strumenti di lavoro, gli interessi, i contatti.




L'anta di destra è fustellata con due taglietti, in modo da inserire
il bigliettino da visita tra le dita dell'illustrazione.



Spero di aver fatto un buon lavoro e che i vari materiali restituiscano tutto l'amore che  ho ancora il coraggio di provare per un mestiere del genere. Spero che si capisca il livello di professionalità della quale mi sono "macchiato" in tutti questi anni e che ho sempre inseguito il credo che vuole la semplicità (e l'eleganza) vincere sempre e comunque.

E spero vivamente di tenere lontano allo stesso tempo chi crede di poterti chiedere un certo tipo di servizio, professando il proprio ruolo da esegeta della comunicazione, per poi uscirsene con macchinazioni farlocche da accademia della crusca. Quelli cresciuti professionalmente tra gli anni '80 e '90, insomma, periodo dove in questo campo quasi tutto era concesso, e che oggi credono di stare al passo con i tempi solo per via degli "anni" che hanno sul groppone.

Quello proprio no. Piuttosto prendo il patentino per guidare i tram.

Di trasmissioni notturne tipo "docu-reality"

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Durante le vecchie nottate di agonia dovute alle tonsilliti (almeno quelle un lontano ricordo), ho imparato ad apprezzare cose in tv che voi umani non potreste immaginarvi.
Si tratta di quei programmi su cui fino ad allora non avrei speso cinque minuti del mio tempo, quelli tanto in voga su canalacci tipo D-Max, Agon Channel, Cielo, Real Time, Fine Living et similia. I cosiddetti "docu-reality", insomma.

Qui ti parlo brevemente di quelli a cui mi sono appassionato di più in quelle strambe nottate o sui quali semplicemente ancora mi soffermo quando capita. Ecco un'ipotetica classifica dal 6° al 1° posto. Sei prontissimo?


6. AFFARI A 4 RUOTE(Wheeler Dealers) | D-Max
Successone inglese sin dal lontano 2003. Ci sono questi due malati delle automobili,Mike Brewer e Edd China. Il primo si occupa della compravendita sul mercato dell'usato, il secondo è un ingegnere meccanico che provvede alle riparazioni. Lo scopo è quello di trovare auto d'epoca (ma anche no) al prezzo più basso possibile, rimetterla a posto con un budget adeguato ma contenuto e rivenderle al miglior offerente cercando di guadagnarci il più possibile. Il bello sta nella ricerca di Mike per l'affare migliore, in lungo e in largo per il Regno Unito, e nell'arte di arrangiarsi di Edd, mai a scapito della qualità delle riparazioni. A me il mondo delle auto dice pochissimo, ma Affari a 4 Ruote desta curiosità e fanciullesco stupore. Puoi guardare tutti gli episodi dalla 6a alla 10a stagione sul sito D-Max.


5. MAN VS. FOOD| D-Max
Il simpatico omacciotto americano Adam Richman si reca in ogni episodio in uno Stato diverso per assaggiare i piatti tipici del luogo e per partecipare alle sfide lanciate da vari ristoranti e tavole calde. Sfide che lo vedono battagliare con piatti di dimensioni colossali, estremamente piccanti o particolarmente conditi. Richmanè una celebrità dalle sue parti e si è guadagnato sul campo 4 ricche stagioni tv dal 2008 al 2013.
Inizialmente era una questione di abbuffarsi e basta, mentre poi la cosa ha preso la piega più interessante delle curiose specialità culinarie tipiche degli Stati Uniti (si fa per dire, eh, si parla sempre di carne, panini e poco altro). QUI un episodio a caso.


4. TURTLEMAN(Call of the Wildman) | D-Max
Lo sdentato e simpaticissimo protagonista, Ernie Brown Jr., gira le campagne del Kentucky accompagnato dal suo amico James Neal e dal suo fido cane Lolly rispondendo alle chiamate di chi ha un problema con animali selvatici di varia taglia e natura. Brownè famoso perché cattura le temibili tartarughe azzannatrici a mani nude dall'età di 7 anni(!!!).

E la forza del programma più visto della rete americana Animal Planet, sta proprio nella simpatia del suo protagonista e nel rispetto per gli animali che cattura (procioni, serpenti e ghiottoni poi liberati dove non possono più nuocere) e dotato di un genuino approccio alla quotidianità (viene pagato per i suoi servizi con poche decine di dollari, un dolce fatto in casa o materiali di recupero). Insomma, Turtlemanè buffo e mi fa ridere. QUI trovi un episodio intero della 3a stagione.


3. AFFARI DI FAMIGLIA(Pawn Stars) | Cielo
Di questa ti avevo già ampiamente parlato tempo fa. E' una delle trasmissioni di maggior successo della History e una delle più viste in generale.
"Il vecchio" Richard Harrison insieme a suo figlio Rick "la volpe", suo nipote Corey "lo smilzo" ed Austin "Chumlee" Russell portano avanti il Pawn Stars, colossale e noto banco dei pegni di Las Vegas. In ogni episodio si cerca di valutare gli oggetti proposti da privati, acquistarli, restaurarli (se è il caso) e successivamente rivenderli.

Il bello è nella squadra di esperti in settori specifici che l'attività richiama spesso per valutare l'autenticità e lo stato degli oggetti in esame (c'è lo studioso di armi antiche, l'esperto in storia musicale, quello di memorabilia sportiva e via discorrendo). Curiosità e interesse come non ti aspetteresti. QUI un episodio della 6a stagione.


2. COM'E' FATTO(How to Make) | Real Time
Se spesso ti chiedi come vengano realizzati certi oggetti che utilizzi nel quotidiano, Com'è Fattoè la trasmissione della tua vita. Portandoti all'interno delle fabbriche di tutto il mondo,  ti spiegherà i metodi di produzione e la lavorazione in tutte le sue fasi, dalle materie prime al prodotto finito.

Te ne rimani inebetito davanti alla tv cercando di spiegarti come mai provi tanto interesse per i segreti dietro gli oggetti più disparati, dai succhi di frutta in cartoccio ai dischi in vinile, dalle cornamuse ai cracker salati, dai flipper alle gomme da masticare. Terribilmente, inaspettatamente affascinante.

1. ??????
E quindi chi è il simpatico vincitore di questa sgangherata e personalissima classifica delle migliori trasmissioni perdi-tempo? Te lo dico a breve, che per quanto mi riguarda merita un post dedicato (e no, non indovinerai MAI).

Dei soliti, inspiegabili dubbi, cacciatori di taglie in bicromia, cinesi alla fine della strada e coppie di siciliani con la valigia di cartone.

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Skorpio Maxi #1
diAA.VV.| Editoriale Aurea
19x27 cm | 100 pp colori e b/n | 3,50 euro

E con questo può considerarsi chiusa la mia breve parentesi di ritorno sulle riviste dell'Aurea, aperta qualche mese fa in via del tutto eccezionale. Di Lanciostory Maxi ho già avuto modo di parlarti qui (e con quello mi sono fermato al secondo numero, che a parte Yor e la ferrugginosa serie de I Partigiani, per il resto c'è poca ciccia intorno).
Se da una parte il livello di questo primo Skorpio Maxiè un pelo più alto in quanto a proposte (l'editore sembra aver accolto le richieste dei lettori, inserendo in scaletta Skorpio, il Vendicatore Solitario di Collins e Seijas, Wakantanka di Oesterheld e Zanotto e Continente Nero di Grassi e Salinas) dall'altra diamo spazio ai soliti, inspiegabili dubbi.


Prima di tutto la riproposta originale di serie troppo datate (i colori dello Skorpio di Seijas sembrano realizzati con i pennarelli in una scuola elementare), per passare a rubriche assolutamente fuori contesto: può interessarti o meno, ma un articolo sulla densità di malati di tumore in mezzo a tanti fumetti che nemmeno toccano l'argomento è agghiacciante. Nemmeno su Famiglia Cristiana, quasi. Per non parlare della qualità media dei corti. Passi per Il Dio Sconosciuto che è disegnato da Alcatena, ma se roba come La Gabbia o Il Maestroè il tra il meglio che abbiano mai pubblicato, o sono io ad avere la memoria corta o c'è qualcosa che non va.


Peccatucci comunque veniali ai quali si poteva anche soprassedere se non fosse che dopo l'acquisto ho scoperto di Mister George, serie francese firmata da Le Tendre e Labiano, che qui comincia direttamente dal secondo volume (il primo è stato pubblicato a puntate sul settimanale poco più di un mese fa). Come a dire che questa versione "maxi"è pensata esclusivamente per chi prende il settimanale. Al diavolo il lettore occasionale o chi vuole cominciare da qui una nuova avventura.
Le solite cose davvero inspiegabili, insomma. E mi sa che in un botto l'Aurea ha perso i miei bei sette euro al mese (e non me ne lamento, sia chiaro).

Morgan Lost #1
L'Uomo dell'Ultima Notte
diC. Chiaverotti, M. Rubini| SBE
16x21 cm | 100 pp 2 colori | 3,50 euro

Una piacevole sorpresina. L'ex enfant prodige di Dylan Dog, dopo venti anni al servizio del suo Brendon, dà vita ad una nuova, personalissima avventura editoriale. E lo fa creando un mondicino sporco e brutto, in una città caratteristica e dai richiami cyberpunk (Torino, insomma, ma arricchita da tecnologia vintage e da arzigogoli egizi).
In questo mondo i serial killer sono protagonisti assoluti, seguiti e acclamati dalla massa caprona. Dall'altra parte della barricata, al di là delle solite asfittiche forze dell'ordine, un manipolo di cacciatori autorizzati a braccare i loro perversi antagonisti. Da entrambe le parti ci sono personaggi pittoreschi (lo stesso Morgan ha una mascherina nera tatuata sugli occhi) che richiamano i temi del fumetto popolare americano, ovviamente, ma perseguono in ogni caso anche quelli tanto cari a Claudio Chiaverotti: una società sempre sull'orlo dell'abisso, le macchinazioni dell'individuo senza regole, le sette misteriose, l'amore smodato per il cinema (quello vero) e il romanticismo amaro degli amori stroncati all'improvviso.


Anche se non sembra, le analogie con Brendon sono parecchie, ma l'autore torinese sembra muoversi bene e le tanto celebrate "novità" di cui si parla in giro potrebbero risiedere proprio in questa nuova concezione di "eroe" invece che nella nuova realtà bicromica in nero e rosso. Se da un lato infatti non è certo una novità (il mondo del fumetto è pieno di esempi del genere, dai grossi titoli mainstream a quelli del fumetto underground), dall'altra è ben concepita e realizzata perché si tratta di tavole inchiostrate e rifinite in mezza tinta dove solo in seguito viene applicato, con una certa coerenza, il secondo colore. Un rosso che sfuma e prende forma in modo organico, tenendo conto che è lo stesso protagonista a soffrire di una forma particolare di daltonismo e a vedere le scene così come le vede il lettore.
Non si tratta quindi di semplici innesti colorati, ma di una lavorazione lunga e meticolosa che richiede quasi lo stesso impegno che ci vuole per concepire una tavola interamente a colori.


La maggior parte del merito va naturalmente al disegnatore Michele Rubini (fino a ieri all'opera su Zagor) che sforna delle tavole notevoli dal tratto parecchio dinamico. E un applauso va anche a Fabrizio De Tommaso, copertinista della serie, e a questo nuovo modo (almeno in casa Bonelli) di concepire appunto le cover (se ho capito bene avranno sempre dei riquadri che riprenderanno scene dalla storia principale).
Insomma, per ora una gradita sorpresa dagli echi chiaverottiani ben noti.

Chinaman #5 - Tucano
diS. Le Tendre, O. TaDuc| Gazzetta
19x27 cm | 100 pp colori | 3,99 euro

Con questo quinto volume si conclude la serie scritta da Serge Le Tendre e disegnata da Olivier TaDuc. L'albo, che raccoglie quindi il 9° volume originale (accompagnato però da una serie di contenuti speciali) vede il buon Chinaman arrivare a Tucano in conclusione della vicenda iniziata nell'episodio precedente. Al fianco del protagonista troviamo un giovane, inguaribile baro con il vizio di farsi appendere a testa in giù e un ex rapinatore ora redento. Sulle tracce di quest'ultimo, però, ci sono un cacciatore di taglie fortemente motivato e la scalcagnata banda della rossa matrona Wild Catty. La situazione si risolverà tra rese dei conti alla spicciolata e un gruppo di prostitute dall'animo buono.
Le vicende di Chen si sono rivelate ricche di umanità, denunciano prima di tutto quel razzismo univoco che prende piede e si diffonde in ogni angolo del pianeta, indipendentemente da luoghi e persone.


Il tratto di TaDucè maturato e si è ammorbidito con il passare delle storie (delle prime due ti avevo parlato qui). Le sue vignette si incastrano alla perfezione nell'insieme della tavola, aiutate anche da una colorazione piacevole e tecnicamente "pertinente".
E' un peccato insomma che la storia di Chinaman si chiuda qui e, visto il discreto successo, che i suoi autori non abbiano ancora pensato di riprenderne le vicende a distanza di otto anni dall'ultimo episodio. Una bella lettura.

Il Silenzio e il Sangue #1
Mulberry Street

diF. Corteggiani, M. Malès| Cosmo Editoriale
16x21 cm | 144 pp b/n | 5 euro


Si. Avevo detto che di bédé in formato ridotto e in bianco e nero non ne avrei più letta. Ho fatto un'eccezione per la storica serie scritta da Francois Corteggiani perché tempi ed epoca mi solluccherano non poco il palato.
Cominciata nel lontano 1986, Il Silenzio e il Sangue conta oggi la bellezza di 14 tomi (l'ultimo è del 2004) firmati dall'editore Glénat. Questo primo, corposo volume della Cosmo raccoglie i primi tre episodi impreziositi dalle tavole di un grande Marc Malès (in seguito si alterneranno sulla serie prima Jean-Yves Mitton e poi il "nostro"Emanuele Barison).
Scorre potente tra queste pagine qui la storia di Cosa Nostra a partire dal 1910 e di un'umanità bellicosa e violenta. Testimoni e protagonisti della vicenda sono Ciro e Giovanni, due giovanissimi siciliano costretti dalla mafia ad attraversare l'oceano e a sbarcare negli Stati Uniti. Ma l'organizzazione criminale, in piena fioritura anche in America, li inseguirà costringendoli a prendere strade diametralmente opposte. Partendo da una vita povera e parecchio faticosa, Ciro diventerà quasi per caso un giornalista, mentre Giovanni stringerà amicizie poco raccomandabili portandolo in breve tempo a fare carriera nella vita criminale.

Eh. Come al solito ti devo mostrare le tavole a colori originali,
che di quelle in bianco e nero della Cosmo, non se ne trovano.

Inutile girarci troppo intorno. Corteggiani imbastisce una serie dallo stampo classico ma deliziosamente affascinante, attraversando decenni di malefatte dove viene descritta con lucidità un'epoca storica pregna di povertà, corruzione, potere e spargimenti di sangue. Questi primi tre volumi affrontano la vicenda in modo composto e ordinato, senza mai premere il piede sull'acceleratore, cercando invece di immergere il lettore nel contesto e presentandogli in modo approfondito i due personaggi (per ora) principali.

Le variant Bonelli e una riflessione

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Questa cosa delle variant cover in Bonelliè iniziata l'anno scorso. All'epoca probabilmente ci avevano creduto poco o forse era una roba in via di rodaggio. I nomi coivolti erano comunque grossi. Nel caso non te li ricordassi, c'era Gabriele Dell'Otto su Ringo, Enrique Breccia su Adam Wild e Gipi su Dylan Dog. Te le mostro, che facciamo prima:




Personalmente non sono contro le variant cover, ma nemmeno sono un loro accanito sostenitore. Diciamo che quando si parla di "variant" dovrebbe essere intrinseco il concetto di valore aggiunto. Se vuoi vendere una variant meno interessante della classica, non hai capito di cosa stiamo parlando.
Immagino che l'anno scorso l'iniziativa in casa Bonelli sia andata bene, perché quest'anno la cosa si è ripetuta, a Lucca, con un quartetto di cover che fanno il botto. Ci trovi Claudio Villa su Zagor #600, Leo Ortolani su Orfani: Mondo Nuovo #1, Giuseppe Camuncoli su Morgan Lost #1 e Lorenzo Mattotti su Dylan Dog #350. Meravigliose, una più bella dell'altra.
Clicca, ingrandisci e sbalordisci:





Ma sorge una riflessione, guardandole. Tutte respirano a meraviglia, tutte con l'illustrazione che prende per intero la 1a e la 4a, il titolo dell'albo un filo più discreto, tutte con quel sapore di "nuovo" dato dal fatto che i vari interpreti grafici, oltre ad essere dei gustosi professionisti, non si sono mai confrontati (o quasi mai, nel caso di Villa) con i relativi personaggi. E' stata fatta una scelta oculata tra tanti talenti che dimostra che il gusto per certe cose "moderne" c'è eccome. Un gusto che altre volte è sembrato mancare.

Una cover diversa è possibile, insomma. Non dico che debba essere così tutti i mesi, perché vorrebbe dire rinunciare allo spazio in 4a o al colore "riconoscibile" sul dorsetto. Ma un pensiero per una via di mezzo si dovrebbe fare. Una veste del genere potrebbe nobilitare e arricchire ogni albo, giusto quel po' che serve per renderlo più appetibile.
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