Quantcast
Channel: PRIMA O POI...
Viewing all 678 articles
Browse latest View live

"100 Serie TV che non ti faranno più uscire di casa" (o quasi, aggiungo io)

$
0
0

Piccola riflessione a latere sul bellissimo numero attualmente in edicola di Wired che impreziosito da una bella e divertente cover firmata da Giacomo Gambineri (scagli la prima pietra chi non ha provato subito ad indovinare i protagonisti ritratti), viene dedicato alle, cito testualmente, "100 Serie TV che non ti faranno più uscire di casa".

Ora. La spiccata intellingenza che contraddistingue la versione cartacea di Wired ha imposto alla redazione di non fare classifiche. Perché effettivamente sarebbe inutile e perché le serie televisive, come sai anche tu, come la musica, l'arte, la cucina, le auto o la vera ricetta per fare la carbonara, è quanto di più soggettivo possa esistere su questo pianeta. Quindi hanno preso 100 serie tv (lasciandone fuori 200 che puoi invece trovare citate in un post on line) e le hanno divise in quattro categorie di genere:

Fantastico | Crime | Commedia | Drama

E Fin qui ci siamo, mi sembra.
Quello che non capisco io, però, è perché fare una selezione delle migliori 100 e poi inserirne qualcuna e appiopparle un miserrimo, stringato voto su una scala da 1 a 5. Non erano quelle che "non ti faranno più uscire di casa"?
Quindi, ad esempio, viene rifilato un pallino e mezzo, massimo due (parliamo di pienissima insufficienza, quindi) a serie come Heroes, Sleepy Hollow, Supernatural, Hannibal, Law & Order, Ally McBeal e How I Met Your Mother. Ma se queste serie non riescono a tenere il passo con le altre (e personalmente su qualcuna non sono d'accordo), perché citarle?


Poi, altra gravissima mancanza. Sarà anche cosa personalissima (sai quanto io sia scimmiato dalla serie in questione), ma effettivamente non puoi non citare una roba come Justified, una serie a cui critica e pubblico ha accordato un grande successo, impreziosita da un capacissimo cast e nata da un'idea di mister Elmore Leonard in persona.

Che facciamo? Ma che "davero davero" la teniamo nel cassetto?

Non contento sono allora andato a guardarmi il post di cui sopra, dove alle 100 già citate nel giornale, il sito ne aggiunge altre 200 nell'articolo "300 serie tv da riguardare questa estate".

E purtroppo la cosa peggiora. E pure di parecchio.

Chiaramente Wired tira le mani avanti e fa giustamente notare che hanno dovuto operare scelte e tagli. Logico, mi pare. Ma il discorso e le premesse cadono (come i fringuelli in inverno, si dice) nel momento in cui mi rendo conto che in quella classifica da 300 serie si ha l'ardire di inserire titoli assolutamente sconosciuti (ma proprio mai sentiti nominare nemmeno per scherzo, eh, prova a farti un giro anche tu) ed autentiche, emerite porcate (Power Rangers, Hercules, Walker Texas Rangers o Angel, noto ai fan del genere per essere lo spin-off più inutile della storia della televisione), per lasciare poi fuori anche qui titoli molto più noti e meritevoli come (tra quelli che mi vengono in mente al volo) Hell on Wheels, Longmire, Babylon 5, My Name is Earl, Banshee, The Last Ship, Crossbones, Lilyhammer o addirittura la cara vecchia New York Police Department Blue.
Per tacere del fatto che vengono citate serie sci-fi a destra e manca e nessuna (NESSUNA) serie di Star Trek, a parte quella originale (tra le 100 della versione cartacea, però).

Scusa se è poco, eh. Dovresti essere castigato a modino anche solo per non aver citato
My Name is Earl. Ma non ti vergogni, tu, giornale che nonostante tutto continui a piacermi?

Ma che davvero questa estate non potrò fare a meno di riguardarmi tutti gli episodi di Walker Texas Rangers??? 

"Aaaah, annamo bene... proprio bbene", direbbe la Sora Lella.

Fargo, meravigliosamente Fargo

$
0
0

Che dire di Fargo? Che è una delle cose migliori per il piccolo schermo da una quindicina d'anni a questa parte? Che è un gioiello e che funziona come un orologio svizzero? Che i personaggi in campo sono caratterizzati come raramente accade nel mondo della televisione? O meglio, che è bastata una serie da 10 episodi per mettere a punto una macchina perfetta, mentre altre serie, se ci riescono, ci mettono due, tre o anche quattro stagioni? Che avere al timone Joel e Ethan Coen era sinonimo di garanzia? (La passione di chi scrive per i due fratelli che hanno rivoluzionato il nero cinematografico, e non solo, è cosa nota). Facciamo così, allora. Diciamo che non avrai mai un motivo abbastanza valido per non vedere Fargo.


Fargo si muove su tre fronti (io avrei detto più due, ma mia moglie mi ha fatto giustamente notare che ce n'è uno in più).
Uno appartiene a quel che nelle intenzioni dovrebbe essere il vero grande protagonista dell'intera serie. Il freddo e impassibile killer Lorne Malvo, interpretato da un Billy Bob Thornton in stato di grazia, squisitamente inquietantissimo e padrone assoluto delle scene. Lorne Malvoè il male assoluto, colui che ha imboccato volutamente la strada brutta. Assassino, ricattatore, sfruttatore, divertito seminatore di zizzania e manipolatore senza scrupoli, il "bello" di Malvoè che incarna una cattiveria primitiva che riesce ad alternare a sorrisini sornioni e a piccole parentesi "filosofiche":

"È una marea di sangue, Lester, questa nostra vita. La merda che ci fanno ingoiare giorno dopo giorno, il capo, la moglie, eccetera, sfinendoci. Se non ti opponi e non gli spieghi che sei ancora una scimmia, nel profondo, lì dove conta, alla fine vieni spazzato via."(Lorne Malvo)
Lester Nygaard (mirabile interpretazione anche questa da parte dell'attore inglese Martin Freeman) rappresenta invece l'uomo qualunque. L'uomo qualunque che è vessato e umiliato dalla moglie, da un fratello che ha avuto successo, dal lavoro. Diciamo dalla vita in generale. Soggetto di scherno, irrimediabilmente deriso da chiunque, Lester si troverà ad un certo punto ad un bivio. Da una parte si va sempre dritti per la propria strada, sempre la stessa, dall'altra si cambia e di parecchio.


E come e quanto può cambiare davvero un uomo che decide di accogliere certi istinti primitivi? Lester e Malvo sono due facce della stessa medaglia. Uno ha da sempre accolto il male dentro di sé, accettandolo come unica via possibile, l'altro sa che potrebbe assaporare le "gioie" e i brividi di una vita vissuta come mai avrebbe pensato possibile.


E infine c'è il quotidiano, la realtà, il vissuto cittadino. Grazie ai personaggi che vivono le proprie vite cercando di stare sempre al di qua della linea. Come ad esempio l'impacciata ma diligentissima vice sceriffo Molly Solversson, lo sceriffo fessacchiotto Bill Oswalt, la terribile e debosciata famiglia Hess, quella patinata e finta di Chaz Nygaard (fratello di Lester), l'insicuro e fifone agente di polizia Gus Grimly, i due sicari (Mr. Numbers e il sordomuto Mr. Wrench) inviati da Fargo per far luce su uno strano omicidio o Stavros Milos, magnate di una grossa catena di supermercati.





Tra tutte sono da ricordare le interpretazioni della bravissima 35enne Allison Cara Tolman (praticamente qui al suo debutto se si esclude un episodio di Prison Break) e di veterani caratteristi come Bob Odenkirk (l'avvocato Saul Goodman di Breaking Bad), Keith Carradine (fratello di...) e Colin Hanks (Roswell, Mad Men, Dexter).

E infine c'è pure il Minnesota, protagonista come e più degli altri, insieme alle due cittadine intorno alle quali ruota tutta la vicenda, Bemidji e Duluth. Cittadine di provincia fredde e sempre immerse nella neve, dove una macchia di sangue spicca a decine di metri sul candido manto bianco e dove la gente parla poco e si fa i fatti propri.

E comunque, alla fine, qualcuno tra l'uomo cattivo, l'uomo qualunque e la quotidianità, dovrà vincere la partita. Io lo so chi la vince, ma non posso dirti niente. Ti assicuro però che è una bella sorpresa, con un filnalissimo pieno di riscatto.

"Perché certe strade non vanne percorse. Perché le mappe una volta dicevano «ci sono i draghi qui». Adesso non lo dicono, ma non vuol dire che i draghi non ci siano."(Lorne Malvo)
Meravigliosa. Fargoè una serie tv meravigliosa. Anzi, lo è stata. Infatti è già in stato avanzato di produzione la seconda stagione. Ma a me, come a te, fregherà poco di vederla. La storia magari sarà bella è ambientata negli stessi luoghi ma nel '79 e ci saranno altri personaggi, qualcuno di questi legati a quelli della prima serie), ma con tutto il rispetto che si può nutrire per i nuovi interpreti, mancheranno di sicuro gli elementi che hanno reso grandiosa questi primi dieci episodi.

Non ci sarà Lorne Malvo, per dire.
E tanto basta perché io non trattenga il fiato in attesa.

P.S.: Se tu avessi già visto Fargo, potremmo bellamente disquisire sulla palpabile ipotesi sulla natura quasi "biblica" di Malvo. Qualche dubbio c'è.

Il mio nome è Legione

$
0
0
Di Roger Zelazny ti ho già accennato qui non molto tempo fa. Ti avevo detto che ti avrei parlato anche di un suo particolare romanzo che stavo leggendo. Ed eccoci qui.
Il Mio Nome è Legione(My Name is Legion, 1976) è una delle novelle forse meno note di Zelazny, anche perché non è propriamente una novella. Si tratta infatti di tre racconti che hanno per protagonista un uomo senza nome. O meglio, un nome ce l'aveva, ma adesso non conta più. Ora di nomi ne ha parecchi, quanti ne vuole, perché ha fatto in modo che la società si dimenticasse completamente di lui. Quando ha preso piede il progetto della Banca Dati Centrale per la registrazione di tutti gli individui (qualcosa di molto, molto simile all'attuale concetto di internet), il nostro uomo ha avuto la possibilità di bissare i controlli e far perdere così la propria identità all'ombra di miliardi di dati. Ed è per questo che oggi un tipo del genere fa gola a molti. Non lasciando tracce torna comodo a chi, come il misterioso Don che lavora per la seconda agenzia investigativa più importante del mondo, lo utilizza in missioni molto particolari. Soprattutto se, tra le altre cose, l'uomo in questione è anche uno specialista in "computer".  In un breve passaggio, lo stesso protagonista spiega:
"Don [...] a volte mi trova utile, poiché io non esisto.
E io non esisto ora perché esistevo nel tempo e nel luogo in cui abbiamo iniziato a mettere per iscritto la selvaggia melodia dei nostri tempi. Mi riferisco al progetto della Banca Dati Centrale e al fatto che io abbia avuto un ruolo significativo in quello sforzo di costruire un modello funzionante del mondo reale tenendo conto di ogni singolo individuo e di ogni cosa che accade."
Ambientate in un futuro molto prossimo (che con tutta probabilità il nostro presente ha già ampiamente sorpassato), le tre parti prendono toni spy story più che sci-fi, come invece sarebbe facile immaginare.
E nonostante la linea piatta delle trame, Zelazny riesce ad arricchire i propri scritti con una risoluta capacità di infarcire con verve e toni filosofeggianti e riflessivi tutte le lunghe parti dialogate.


Nel primo racconto, intitolato La vigilia di Rumoko, il nostro dovrà sventare una serie di attentati ad una nave sulla quale è imbarcato sotto falso nome proprio per indagare sulla possibilità di disordini. 
Nel secondo, sotto l'impronunciabile titolo 'Kjwall'kje'k'koothaill'kje'k (giuro! Ho copiato lettera per lettera), dovrà invece fare luce su un misterioso assassinio avvenuto al largo di un istituto oceanografico e attribuito ad un delfino e alla sua versatile intelligenza.
Ma è il terzo racconto, Il Boia torna a casa, a rendere celebre la raccolta di Zelazny presso i fan dell'autore americano (tanto da essere protagonista, su tutti, anche delle svariate cover nelle edizioni originali in paperback come quella qui sopra).
"Un telecommissionario è una macchina "schiava" comandata a distanza per operare in una situazione di feedback con il suo operatore."
E il Boiaè proprio un telecommissionario, un'intelligenza artificiale costruita anni prima da un quartetto di scienziati per essere spedita nello spazio. Ma nello spazio vi si perse sfuggendo involontariamente a chi lo controllava. Ora, a distanza di anni, Il Boia sembra essere tornato sulla Terra per vendicarsi (forse) di chi gli ha dato i natali, colpevoli allo stesso tempo di averlo bellamente abbandonato al suo destino.

Ora non ti sto a spiegare i "come" o i "perché". Se ti interessa, procuratelo (ma mi sento di avvertirti che, anche se interessante da diversi punti di vista, il libro in questione non rientra di certo nel novero delle letture imprescindibili). Penso solo al fatto che anche se Zelazny non è certo stato il primo a cercare di rispondere ad un perenne quesito tanto caro alla fantascienza ("può un'intellingenza artificiale provare dei sentimenti?"), qui ha trattato il tema in modo sensibilmente originale, nonostanze l'assenza di particolari colpi di scena. Il tutto permeato da una visione delle cose abbastanza ottimistica e anticipando di concetto le parole di Sarah Connor alla fine del secondo Terminator:"Perché se un robot, un terminator, può capire il valore della vita umana, forse potremo capirlo anche noi."

O una cosa del genere, insomma.

I ritratti di carta di Yoo Hyun

$
0
0

Io all'inizio guardavo e non capivo. Pensavo, belli questi ritratti di Yoo Hyun. Carini. Ma niente di così esclusivo o originale. Poi con la rotella scorri fino in fondo al post e capisci. E fai la faccia che ho fatto io quando ho capito. Follia.














Le sabbie di Marte

$
0
0
Da una decina di giorni in edicola ci trovi in nuovo numero di Urania Collezione, il 150. Una cifra tonda di questo tipo, come sai, fa subito piccolo evento (e lo è, di questi tempi) e per festeggiarlo si è deciso di ristampare un classico della sci-fi che ha anche un valore affettivo per la collana.
Le Sabbie di Marte
(The Sands of Mars, 1951) di Arthur C. Clarke ebbe infatti l'onore, in quel lontano ottobre del 1952, di inaugurare l'intera serie (allora nota come "I Romanzi di Urania"), sotto la storica e bellissima cover diKurt Kaiser, illustratore tedesco meglio noto con lo pseudonimo ć. ćaesar.

"La prima nave di linea regolare fra i pianeti, l'Ares, è al suo viaggio inaugurale. Porta su Marte, tra gli altri, lo scrittore di fantascienza Martin Gibson, che sarà testimone delle dure lotte dei pionieri per colonizzare il pianeta: un mondo quasi privo di vegetazione e poverissimo di ossigeno, sul quale uomini coraggiosi combattono per rendere migliore quella che considerano la loro nuova patria."

Dal sito Mondadori:
"Le sabbie di Marte è un romanzo visionario e avvincente che ha saputo anticipare gli sviluppi tecnologici e scientifici dei decenni successivi.
Clarke dimostra di essere uno straordinario profeta e un grande scrittore capace di restituirci la suspense e l'emozione dell'esplorazione, la piccolezza delle ambizioni umane e la grandezza d'animo dei pionieri della colonizzazione marziana. Regalando al lettore, nel finale, la più straordinaria delle sorprese."
Da La sentinella (racconto dal quale Stanley Kubrick trasse 2001: Odissea nello Spazio) a La Città e le Stelle (1952-’56), da Le Guide del Tramonto a Le Fontane del Paradiso, passando per il ciclo di Rama (quattro romanzi scritti tra il 1973 e il 1993) e Terra Imperiale, Arthur Charles Clarkeè stato autore di indiscussa fama che ha donato al genere sci-fi alcune delle migliori opere letterarie tuttora in circolazione, anticipando in esse i temi moderni del viaggio e dell'esplorazione spaziale.

Colono avvisato, Marte salvato.

Di Lanciostory Maxi e di consigli sincerissimi senza l'ombra del sarcasmo

$
0
0
Ho sempre apprezzato l'Eura/Aurea. Non ho mai celato la mia ammirazione per quel colosso editoriale piccino picciò che già in anni insospettabili riuscì a portare in Italia una ricca varietà d'offerta a fumetti, tra quelli argentini e quelli d'oltralpe, che ancora oggi fa gola a qualunque appassionato lettore. Tanti gusti diversi, insomma, un po' in bianco e nero, un po' a colori.

Solo che non ho mai celato nemmeno il lento disamoramento che nel corso degli anni si è rivelato inevitabile, soprattutto per via di quella perenne sensazione di occasioni sprecate, una di fila all'altra, senza sosta.
Da un lato c'è un meraviglioso (ricco e grande) forziere zeppo di tesori, dall'altro  c'è un pirata che prende solo le monete più pregiate accatastando in un angolo il resto dei monili (gioielli grezzi, opali, gemme e smeraldi) quasi non sapendo che farsene.

Facile parlarne, dirai tu. NON sei un editore. E NON sei nemmeno un addetto ai lavori. Sei un lettore e un appassionato da oltre trent'anni, ma non basta. Non sei mai stato uno di quegli indemoniati detrattori a tutti costi pronti ad inveire contro l'editore romano (anzi), ma non basta nemmeno questo.

E adesso ecco una nuova storia da raccontare. Qualche mese fa si diceva in giro che gli storici settimanali Lanciostory e Skorpio avrebbero subito una radicale revisione editoriale. Avrebbero raccolto per ogni numero cicli completi o mezzi cicli, in modo da chiudere le varie storie in pochi numeri. Ora se ne sono usciti con le versioni MAXI. Hanno cominciato con Lanciostory, in edicola da pochi giorni, e proseguiranno poi anche con Skorpio (sembra).


Si tratta di un albo mensile da cento pagine a colori che, a differenza dei cugini settimanali, propone in un formato bello ampio (19x27 cm) tutti i classici che la Eurea/Aureaha pubblicato nel corso dell'ultimo quarantennio. Una sorta di ristampa ragionata, insomma, che per ora prevede solo historietas (made in Argentina, per te che non te ne intendi) e una punta di fumetto jugoslavo.
Non so se questa nuova incarnazione andrà a sostuire quell'idea di rivedere i settimanali o se fa parte di un progetto a sé. Fatto sta che l'ho trovato un azzardo (una palese novità) da parte di un editore che da anni era ormai abituato a muoversi appena sopra il pelo dell'acqua. Ho apprezzato la cosa, insomma e, come tante altre volte, non ho fatto mancare il mio sostegno all'Aurea correndo in edicola ad acquistare l'oggetto della nuova iniziativa.

Il numero d'esordio di Lanciostory Maxi si lascia desiderare per l'ampio formato di cui sopra, per un prezzo che al giorno d'oggi chiamare competitivo è poco, ma soprattutto per i nomi degli autori coinvolti. Tra gli altri, Carlos Trillo, Domingo Mandrafina, Ray Collins, Juan Zanotto, Quique Alcatena, Carlos Roume. Ha il pregio di contenere la bella saga di Yor il Cacciatore e quella de I Partigiani (addirittura inedita, in Italia), veri piatti forti in un menù che per il resto comprende singole storie brevi.


Bellissimo anche l'approfondimento storico legato alla serie I Partigiani e la rubrica Nuvolette Bis dove in questo caso il buon Luca Raffaelli riprende una vecchia intervista al compianto Carlos Trillo.
E i nomi grossi comunque (come noterai dalle copertine dei numeri 2 e 3 qui sotto) non mancheranno nemmeno nelle prossime uscite: Lito Fernandez, Garcia Seijas, Guillermo Saccomanno.
Cose buone e saporite come solo chi ha a disposizione quel forziere di cui sopra ti può offrire, insomma.
I Partigiani: Settore F-4
I Partigiani: Settore F-4
I Partigiani: Settore F-4


Poi però ci sono i soliti, immancabili difetti. Non te li sto a citare tutti perché sul sito Comicus, Giovanni La Mantia (QUI) ha già realizzato una succinta ma impeccabile analisi dell'albo (come contenuto e come contenitore).
Mi preme solo sottolineare ulteriormente quelli che agli occhi di tutti appaiono davvero "inspiegabili", a partire dalla scritta sbagliata della propria azienda in copertina (questo perché non si ha un vero e proprio logo e c'è qualcuno da qualche parte che ogni volta lo riscrive digitandolo su una tastiera). Editoriale"Aurea" diventa quindi "Auea", ma non è un problema. Forse un piccolo danno per te, azienda, ma neanche tanto. Ci metterai le pezze dal secondo numero, sono sicuro.

Ecco quindi una serie di consigli che nascono con tutti i più buoni propositi del mondo e che NON sono macchiati dall'ombra del sarcasmo:

- Continuano a mancare i riferimenti delle varie storie. Quando sono state publicate per la prima volta dall'Eura? A quando risalgono originariamente quelle storie? I tuoi lettori te lo stanno chiedendo da anni attraverso la posta ordinaria, sui forum, via mail e su facebook. E' probabile che valga la pena, prima o poi, che tu prenda davvero in considerazione questa cosa.

- Smetti di gridare a tutti i costi in copertina (e con mille acidissimi colori diversi) i nomi delle storie, degli autori e il fatto che all'interno ci sono "8 storie a fumetti". O almeno cerca di dare una sistemata concreta alla cosa.

- Si dovrebbe riuscire (graficamente parlando) a distaccarsi da un qualsiasi volantino che si trova sul banco della ferramenta e che generalmente si rivolge agli amanti della brucola.Rivolgiti ad una persona qualificata che possa dare una direzione unica al tutto. Non ci sarà nemmeno bisogno di sborsare cifre folli. In giro ci sono migliaia di persone del settore, chi più qualificata, chi meno, che possono darti una mano. Me compreso che faccio questo mestierie dalla bellezza di 22 anni (ecco perché ti sto tediando tanto sull'argomento). Ma io valgo quanto uno sconosciuto qualsiasi e quindi non vale. Se invece hai già qualcuno "in casa", motivalo e fagli capire che è l'ora di voltare pagina.

- Le cover che ritraggono (situazione tipo) donne pirata con camicette trasparenti, donne nude con le ali da angelo, donne scosciate che dipingono con un cagnolino al fianco o donne scosciate e basta, risultano ormai obsolete, per non tenere conto del fatto che restituiscono una percezione sbagliata del prodotto. Le cover dei primi tre numeri di Lanciostory Maxi ritraggono donne guerriero darkeggianti con le spade infilate da qualche parte (e tutte hanno in comune anche le stesse tonalità di colore). Un po' più di fantasia e passa la paura.

Abbiamo capito che si arriva da queste, però basta, che tanto di tette
dentro non ce ne trovi, al massimo due paginette di Chiara di Notte.

- Potrei sbagliarmi io, ma se cambi la carta delle pagine interne con una un po' più bianca e spessa, a costo di aumentare il prezzo di 20/30 centesimi, donerai un po' più di prestigio ai tuoi settimanali (che se lo meritano, ti ripeto) e la maggior parte dei tuoi lettori te ne sarà grata.

- Ma soprattutto (PRIMA di tutto), se proprio non si riesce a cambiate stampatore, si dovrebbe riuscire a guardare i primi fogli macchina di ogni albo che mandi in edicola in modo da evitare quei seccanti colori fuori registro e quelle terribili tavole sfocate. Per dire, non so se ho beccato una copia fallata io per l'ennesima volta (e non credo), ma la maggior parte delle tavole di Yor sono sfocate. Siamo nel 2015 e a certe cose ci si mette una pezza facilmente. Conosco gente che ha perso il lavoro, per una (UNA) pagina stampata male.

Ma niente paura. Come dicevo è tutta roba da poco. Ed è proprio per questo che probabilmente il lettore mediamente ostico digrigna i denti contro di te. Perché son tutti difetti che potresti sistemare con il minimo sforzo. Una leggera svecchiata. Anche solo un accenno, un passo alla volta. Dovrebbe essere facile come soffiare via la polvere da un mobile vecchio.
Ce la si può fare. Sono sincero, te lo giuro.

Ti ho detto tutto quello che dovevo dirti, in una sola volta. Cerca di capire che ti si vuole ancora bene. E davvero non saprei come spiegartelo meglio di così.

P.S.: Morale della favola, per te che leggi e volevi invece solo delle impressioni su Lanciostory Maxi, sappi che personalmente prenderò anche i numeri successivi, con la nutritissima speranza però che almeno parte di certi "peccatucci" possano perdersi "come lacrime nella pioggia".

Winter in New York

Jose Luis Ágreda

$
0
0

Jose Luis Ágredaè un illustratore e cartoonist spagnolo. Lavora su commissione per giornali, riviste e libri, come designer grafico per la pubblicità e come character designer per il mondo dell'animazione. Nel 2001 firma il libro a fumetti Pink Harvest per il quale nello stesso anno vince il premio come miglior fumetto spagnolo al salone di Barcellona. Dal 2008 lavora ad una quindicina di libri per bambini che hanno tutti per protagonista Carla, un personaggio di sua invenzione.

Qui sotto, "Classic Comic Characters Redesigned", una bella galleria di omaggi al mondo delle nuvolette, presentata da lui stesso con queste parole: "A series of classic comic character redesigned with a limited color palette".

Per tutto il resto: www.joseluisagreda.com



























Ri-Trent e sarai più fortunato (ma non solo)

$
0
0
Niente. Non c'è gara, non c'è paragone. Parlo delle storie della Regia Guardia canadese Philippe Trent, scritte da Rodolphe e disegnate da Leo. Dell'edizione in bianco e nero formato bonelli delle Edizioni RW ti avevo ampiamente parlato qui e qui, elogiandone poesia e ritmi.


La questione è che dopo i primi due numeri presi in edicola, non ho più visto i successivi troncando esattamente a metà la mia bella collezione. Ora quindi ne sto approfittato per prendere la versione in allegato alla Gazzetta in edicola dalla settimana scorsa (a partire da oggi trovi il secondo numero, il 49° della collana I Capolavori del Western).
Con un euro in più ti becchi la stessa foliazione (due episodi per volume), ma in grande formato e soprattutto a colori.

Come dicevo all'inizio, non c'è gara. Per quanto la RW si sia rivelata impeccabile nella propria, curatissima edizione, qui la differenza la fanno le tavole che respirano a meraviglia e soprattutto dei bei colori sapientemente dosati che non risentono affatto del peso degli anni (la serie è del 1992).
E' un'occasione meravigliosa per non lasciarsi sfuggire un gran bel classico, insomma. Te lo volevo solo dire.


Poi. Dopo Blueberry, Comanche, Mac Coy, Ringo e Trent, dovrebbe toccare ai 5 albi del meraviglioso Cartland firmato da Laurence Harlé e Michel Blanc-Dumont già pubblicato da noi anni fa dalla GP (e poi terminato dalla Cosmo) e poi ancora è il turno di altri due titoli parecchio promettenti come il Chinaman di Serge Le Tendre e Olivier Taduc (5 albi) e l'Ethan Ringler di Denis-Pierre Filippi e Gilles Mezzomo (3 albi).



Da tutto ciò evinco che: 1, la collana in questione diventerà nelle prossime settimane un appuntamento praticamente imperdibile e 2, tenendo conto che a ruota dovrebbe arrivare il Buddy Longway di Derib (in 10 albi), sento di aver fatto bene a terminare (anche qui con il numero due, ma in questo caso volontariamente) la serie pubblicata sempre dalla RW e tuttora in corso di pubblicazione.


Che nessuno me ne voglia, insomma, ma di formati ristretti e in bianco e nero non è proprio più cosa. Hanno già fatto il loro (prezioso) tempo.

Fargo stagione 2, il trailer che promette molto bene, nonostante tutto

$
0
0

Ok. Forse ho esagerato. Quando poco tempo fa ti ho parlato della prima, meravigliosa stagione di Fargo (QUI), avevo detto che della seconda mi sarebbe fregato poco perché non ci sarebbe stato Lorne Malvo.
Ora però che la FX ha appena sguinzagliato in giro per la rete il trailer della seconda stagione, mi sento di poter dire che un occhio glielo darò più che volentieri. Anche solo per come sembrano essere riusciti a trasformare (in meglio, sembra) attori che non sono proprio nelle mie corde come Ted Danson e Kirsten Dunst.

Anche le pietre sanno che sarà ambientata sempre in Minnesota, nella città di Luverne, ma nel 1979. E che il collegamento con quanto già accaduto (ai giorni nostri) sembra essere solo l'agente di polizia Lou Solverson, padre di Molly Solverson, vice sceriffo nella prima stagione.

Lorne Malvo continua a non esserci, naturalmente, ma sembra comunque molto, molto promettente. Sperùma.

Joseph Dredd (in Italia)

$
0
0

Judge Dredd, come sai, è un personaggio simbolo del fumetto inglese. Uno dei più noti in assoluto. Sotto quel casco, perennemente ficcato in testa a svelarne sempre e solo il grugno, sappiamo esserci un tizio duro e deciso di nome Joseph Dredd.
Nato nel 1977 da un'idea originale di Pat Mills, le storie furono in seguito orchestrate e realizzate dalla coppia John Wagner (ai testi) e Carlos Ezquerra (ai disegni) per la rivista 2000 AD.

Da sempre nelle mie grazie, Dreddè un personaggio scomodo e difficile. Ufficiale di polizia nella distopica, violenta e futuristica Mega-City One, il giudice, come tutti i suoi colleghi, gode del potere di Magistratura e Governo potendo quindi di fatto arrestare, giudicare e persino giustiziare i criminali sul posto, secondo propria discrezione.
Il bello della serie è che non si tratta, come si aspetterebbe chiunque non l'abbia mai letta, di un titolo di matrice fascista zeppo di botte da orbi, ma attraverso la voce dei propri autori cerca invece di raccontare le ingiustizie di una società sfinita, stremata e in preda al caos, molto più simile alla nostra attuale di quanto possa sembrare (e spesso sovvertendo il ruolo di "eroe protagonista" dello stesso Dredd e ponendolo traballante sul filo sottile che divide il bene e il male).


Tra alterne vicende, la serie in Italia ha goduto di un discreto seguito ma causa una pubblicazione disordinata e sommaria, non ha mai davvero attecchito presso il grande pubblico come avrebbe meritato. A me 'sta cosa è sempre stata sul gozzo e quindi cerco di fare un attimo luce sulla questione.

Se non ricordo male (potrei dire qualche baggianata e il web non mi è venuto incontro, in questo), la prima casa editrice a portare Dredd in Italia fu proprio la Play Press nel 1991 con la mini di 4 numeri Judge Dredd - Il Casellario del Crimine che raccoglie alcune storie brevi pubblicate sulla storica rivista inglese 2000 AD, scritte da autori di spicco come Alan Grant, John Wagner e Peter Milligan e disegnate da cartoonist all'epoca già noti come Brian Bolland, Bryan Talbot, Cam Kennedy e Jose Ortiz.


Nello stesso anno, il '91, la Play Press pubblico anche lo speciale Judge Dredd - Crimine Futuro (Play Special #8, 66 pagine a colori). Anche qui trovi storie brevi (cinque, per l'esattezza) firmate da autoriume vario: John Wagner e Alan Grant sempre ai testi e Brian Bolland, Ron Smith, Brett Ewins, Brendan McCarthy e Tony Riot ai disegni.
 

Nel 1992, la Rizzoli/Milano Libri pubblicò il riuscitissimo team-up tra il Giudice Dredd e Batman intitolato Giudizio su Gothamcon Alan Grant e John Wagner ai testi e uno strepitoso e pittorico Simon Bisley al tavolo da disegno. La storia venne divisa in due parti e piazzata sui numeri 106 e 107 della rivista Corto Maltese.


L'anno successivo (nel 1993) la Play Press ristampò il team-up in questione in un volume unico e a seguire anche i due successivi incontri tra il guidice di Mega-City e il Cavaliere Oscuro.Il secondo (ospitato sul primo numero della collana DC Prestige nel 1994), era intitolato Vendetta a Gotham. Gli sceneggiatori erano gli stessi, mentre ai disegni c'era Cam Kennedy (ma tu lo ricorderai soprattutto per la strepitosa cover firmata da Mike Mignola).
Il terzo e ultimo team-up con Batman fu pubblicato l'anno dopo ancora, nel 1995, con il titolo L’Ultimo Enigma. Anche qui cambiarono solo i disegnatori: Carl Critchlow e Dermot Power.


Tra il '94 e il '95 arrivò in Italia anche la Egmont Publishing danese che pubblicò tre numeri di una rivistucola insignificante intitolata Judge Dredd - Il Futuro della Legge. All'interno non erano presenti i fumetti originali inglesi ma quelli autoprodotti, probabilmente proprio in nord Europa, e tutta una serie di facili rubrichette (era mirata ai lettori più giovani, insomma). Qualche tempo più tardi, cavalcando il lancio del colossal cinematografico con Sylvester Stallone, la Egmont diede alle stampe anche l'adattamento a fumetti Judge Dredd - Il Film.


La palla passò di nuovo alla Play che riprese il personaggio, ma solo due anni dopo, nel '97, con l'ironico team-up Lobo/Giudice Dredd: Motociclisti Sbrokkati contro Mutanti Infernali, pubblicato sul numero 20 della rivista Play Magazine. Sceneggiatori sempre i soliti, mentre al tavolo da disegno Val Semeiks si occupò della matite e John Dell delle chine.


Negli Ultimi anni, a partire dal 2008, per la precisione, la Magic Press ha donato più continuità alle pubblicazione dedicate a Dredd pubblicando, nel corso degli anni, ben cinque importanti volumi che raccolgono alcune tra le storie più classiche e note del personaggio.
Il primo è Judge Dredd: Dredd vs Death, 112 pagine in bianco e nero e in grande formato con una lunga storia unica sceneggiata dal solo John Wagner e disegnata da mister Brian Bolland. Dredd deve fronteggiare la sua nemesi per eccellenza, il giudice corrotto e invincibile che si fa chiamare Death e che arriva da un altro piano della realtà.

Il secondo volume è Judge Dredd: America celebrissimo story-arc scritto da John Wagner e disegnato da Colin McNeal che segue le gesta di America Jara e Bennett Beeny. Amici da sempre, i due si incontrano nuovamente dopo molti anni scoprendo di trovarsi ai lati opposti della barricata. E il loro destino subirà una brusca e irrimediabile virata, proprio dopo l'incontro con Dredd.

Il terzo, seguito ideale del precedente, è Judge Dredd: Guerra Totale. Duecento ordigni termonucleari sono stati nascosti a Mega City. La più feroce organizzazione anti-Giudici li farà detonare a proprio piacimento. Gli autori sono gli stessi, ma alla combriccola si aggiungono anche i cartoonist Henry Flint e Jason Brashill.


Il quarto volume, Judge Dredd: Heavy Metal Dredd, raccoglie alcune delle migliori e più recenti storie brevi di Dredd, scritte da John Wagner, Alan Grant e John Smith e disegnate da uno stuolo di grandi professionisti tra cui spiccano i nomi di Simon Bisley, Colin McNeal e Dean Ormston.

Infine, quinto e ultimo volume fino ad ora pubblicato dalla Magic, Predator vs. Judge Dredd, vede il giudice darsele di santa ragione con uno degli alieni cinematografici più noti di sempre. John Wagner ai testi e una guest star d'eccezione ai disegni, il noto cartoonist argentino Enrique "Quique" Alcatena.


E' infine la RW LION a rimettere di recente le mani sul personaggio. Più interessata alla "sponda"Batman, ristampa infatti tutti gli incontri/scontri tra il giuidice di Mega City One e il Cavaliere Oscuro in due volumi cartonati.

In Batman/Judge Dredd vol. 1 vengono raccolte Giudizio su Gotham e L'Ultimo Enigma (autori, come già detto, Alan Grant e John Wagner ai testi e Simon Bisley, Cam Kennedy, Carl Critchlow e Dermot Power ai disegni).


Batman/Judge Dredd vol. 2 raccoglie invece un vecchio team up, qui da noi misteriosamente rimasto nel cassetto per anni, orchestrato dai soliti Grant e Wagner e dipinto a meraviglia dal cartoonist inglese Glenn Fabry. In chiusura viene ristampato anche il divertente incontro/scontro con Lobo già pubblicato dalla Play.


Detto questo, dovrebbe esserci più o meno tutto. Potrebbe essermi sfuggito qualche pezzo o forse no. La speranza è che qualche editore di buona volontà (la Magic aveva iniziato bene) possa dare alle stampe anche le cose meno note, restituendo alle grottesche vicende di Dredd l'attenzione che meritano.

Tra Henry Mancini e i Police, il meraviglioso mash-up di quell'altro episodio lì dei Soprano

$
0
0

Te l'avevo detto che avrei rivisto i Soprano dall'inizio, no? E mi ci sto pure divertendo un botto, parola mia. Un episodio dopo l'altro, come le ciliegie.
L'altro giorno ho cominciato a vedere la terza stagione che si apre splendidamente con un teatrino farsesco e dell'assurdo (anche questo è il bello dei Soprano). L'episodio si intitola "Mr. Ruggero Neighborhood" ("Sotto controllo", in italiano) e, tra mille altre cose, mostra gli uomini dell'FBI ingegnarsi per riuscire a ficcare una cimice in casa di Tony Soprano (un'altra, intendo, che di cimici a casa di Tony già ce ne sono). Non ti sto a dire come opera il caso e quante risate ne vengono fuori.

L'episodio è arricchito da un meraviglioso mash-up musicale che, giuro, da quando l'ho sentito, non è più andato via dalla testa. Da una parte c'è la sigla della vecchia serie tv Peter Gunn orchestrata all'epoca da Henry Mancini(e ripresa poi anche nell'imprescindibile The Blues Brothers) e dall'altra il celebre sempreverde dei Police, Every Breath You Take.

A dirla così sembra una roba improponibile, lo so. Ma ti dico che averla in testa tutto il giorno, mi sta mandando ai pazzi. Ecco un estratto.


Le Avventure di Sherlock Holmes

$
0
0

Dopo i primi due romanzi lunghi, Uno Studio in Rosso e Il Segno dei Quattro, il mio percorso di rilettura mi ha portato dritto dritto tra le pagine della raccolta di racconti Le Avventure di Sherlock Holmes. Si tratta di racconti brevi editi originariamente sullo Strand Magazine e pubblicati per la prima volta in un volume unico nel 1892.

Questa raccolta è una delle più ricche e note dai cultori del personaggio di Conan Doyle, anche e soprattutto per il racconto d'apertura, Uno Scandalo in Boemia, forse il più celebre e apprezzato dell'intero canone sherlockiano. E questo perché: 1, fa la sua comparsa, per la prima ed ultima volta, Irene Adler, donna scaltra e astuta destinata a diventare uno dei personaggi più ricordati della saga (nonostante la breve vicenda). 2, è qui per la prima volta che il detective più famoso del mondo viene gentilmente gabbato. Guarda caso proprio dalla stessa Irene Adler.


Watson introduce così il racconto in questione:
Per Sherlock Holmes ella è sempre LA donna. Raramente l'ho sentito accennare a lei in un altro modo. Ai suoi occhi, supera e annulla tutte le altre esponenti del suo sesso. [...] non esisteva per lui che un'unica donna, e quella donna era Irene Adler, di dubbia e discutibile memoria.
Inutile girarci intorno. La Adler (che si è meritata molta più attenzione sia nelle versioni cinematografiche di Guy Ritchie sia nella serie tv inglese Sherlock) è stata l'unica donna per cui Holmes abbia davvero provato un sentimento vicino all'amore, proprio perché è riuscita a raggirarlo con una certa leggiadria.

Tra gli altri racconti, dodici in tutto e quasi della stessa lunghezza, vanno almeno ricordati poi il buffo e criminoso misfatto ai danni della banca londinese ne La Lega dei Capelli Rossi, Un Caso di Identità, che vedrà Holmes risolvere il problema della giovane ereditiera Mary Sutherland restandosene comodamente seduto in poltrona, I Cinque Semi d'Arancio e L'Avventura del Pollice dell'Ingegnere, noti per essere tra i rari casi non del tutto risolti dall'investigatore e L'Avventura del Diadema di Berilli, classico giallo dalla struttura impeccabile (tenendo naturalmente conto degli anni in cui è stato scritto).


Conan Doyle, notoriamente più a suo agio con i racconti di respiro più stretto e serrato, mette insieme dodici piccole perle che hanno contribuito, più di altre cose, al mito di Sherlock Holmes. Anche se lo scrittore scozzese non è noto per la cifra "stilistica" dei suoi scritti, pure in questo volume sfoggia una narrativa di razza e l'ottima prosa di trasporto, tipica di chi riesce a tenerti incollato alla poltrona. E infatti ci riesce. A patto che siano nelle tue corde la campagna inglese o quella meravigliosa Londra vittoriana sempre (o quasi) avvolta nella nebbia.

Pausa

$
0
0

Questo blog va in pausa. Perché per un po' di giorni ho voglia di fare altro, leggere, scrivere, disegnare, rimanendomene bel lontano dalla rete. Ho parecchie cose da leggere e diverse cose da vedere (o rivedere). Poi ci sarà la fine di agosto e tutta l'intenzione di iniziare settembre come se fosse un nuovo anno. E anno nuovo vita nuova, lo sai come funziona, no?

Rilassati, divertiti, leggi tanto e non mangiare troppe schifezze.
Ci si sente poi. 

Na-na-na-na-nàààààà, tràn-tràn, tràn-tràn

$
0
0
Riprende il solito tràn tràn, appunto. E' finito un anno "scolastico" e ne comincia subito uno nuovo, appesantito dal fardello di un sacchetto ricolmo di progetti e speranze. Tanta voglia di iniziare con il piede giusto e di trovare una via d'uscita. Forza, tenacia e coraggio, digrignare i denti, mostrare i muscoli. Cambiare registro, insomma, sperando che le cose possano rimanere anche le stesse (in senso lato, ovviamente, perché di cambiamenti veri ce n'è davvero bisogno).
Staccare per un po'è servito anche se non nego di aver avuto sempre la testa a questa nuova ripartenza. Ma non voglio parlarne qui, che questi sono argomenti da salotto e psicanalisi. Ho voglia solo di parlare di cazzate.

E come ti dicevo nel post precedente, ne ho approfittato per rimettermi in carreggiata con letture e visioni rimaste in sospeso.

HO LETTO QUALCHE BUON ROMANZO SAPORITO:

Posizione di Tiro di Jean Patrick Manchette. Romanzo non troppo lungo del re del noir francese (del quale ti avevo parlicchiato già qui) da cui è stato recentemente tratto il film The Gunman con Sean Penn. Una buona storia con un protagonista, il granitico e imprevedibile killer Martin Terrier, in fuga dalla stessa organizzazione per la quale ha lavorato per anni. Risvolti inaspettati, a tratti assurdi (nel senso buono del termine), e un finale triste e fatiscente che dà ragione a chi asserisce che il crimine non paga. Manchette fa sua la lezione dei grandi scrittori americani che hanno fatto dell'hard boiled un genere di successo, riuscendo però a metterci del suo con sagaci guizzi molto personali.

Ferro e Fuoco di Omar Di Monopoli. Secondo capitolo di una ideale trilogia (ogni romanzo è slegato dagli altri) definita a più riprese come "western pugliese" (un southern tutto italiano, insomma). Con Ferro e Fuoco, opera prediletta dello scrittore manduriano per sua stessa ammissione, il Di Monopoli dona ai suoi lettori un romanzo breve e tagliente, forse non riccamente intessuto e "tramato" come quello del suo esordio (Uomini e Cani), ma altrettanto forte e intenso. La storia, semplice come un'unica scheggia impazzita, segue le vicende del povero Andrej, schiavo in una piantagione di pomodori al servizio del boss noto come il "Pellicano", la sorte della povera Mariehla e la fuga di Kazim verso il nord. Musi brutti e realmente spaventosi che raccontano una Puglia garganica tanto assurda e surreale quanto vera. Il tutto condito a dovere dalla solita, ricca prosa e dai dialoghi riportati nel dialetto locale che non fanno che aggiungere un'ombra di tragico pathos a tutta la vicenda.

Zona Pericolosa di Lee Child. Io di Child non ne sapevo niente. Associavo il suo nome ai best seller da edicola Superpocket. Avevo anche rimosso il fatto che fosse lui il creatore di Jack Reacher, nonostante avessi già visto il film con Tom Cruise. Poi ne ha parlato Omar sul suo blog (maledetto!) e ho recuperato questo primo romanzo. E' stato un mezzo fulmine a ciel sereno. Una robina che non mi aspettavo di certo, ma non ti dico altro. Voglio parlarne con calma in un post a parte, sottolineando la relazione tra le cosiddette letture da mass market e quelle "d'intrattenimento" che spesso si tende a considerare erroneamente come la stessa roba.

HO LETTO POCHISSIMI FUMETTI CON RITMO ASSONNATO:


L'immancabile Martin Mystère Specialeestivo intitolato "Misteri a Blandings", divertente come al solito e dedicato questa volta ai personaggi dello scrittore inglese P. G. Wodehouse. Come da tradizione degli ultimi anni, inoltre, l'albo si presenta come un "flip book". Dall'altra parte una serie di sfiziosi e divertenti racconti dedicati al mondo del fast e slow food, scritti dallo stesso Castelli e disegnati da autori vari.

Il Color Texdi quest'anno ("La Strada per Serenity") segna il debutto ai testi di Recchioni su una storia lunga del ranger giallocamiciato. Storia buonina ma della quale poco rimane impresso, se non una scena iniziale sborona (sempre nel senso buono del termine) che ha il pregio di risolvere un'impasse mica da ridere. I disegno di Del Vecchio sono lucidi e privi di fronzoli, ideali per una colorazione ricca di sfumature che invece non c'è.


Il Nathan Never Magazine2015 si è rivelato un simpatico tuffo nel passato con la ristampa a colori di tre vecchie storie brevi (pubblicate originariamente sui volumi monografici della Mondadori dedicati al personaggio) firmate da Medda e Vigna ai testi e Bonazzi e Mari ai disegni. Inoltre è presente una storia inedita di una cinquantina di pagine (intitolata "Lone Star") firmata da Gualdoni e Bastianoni. Interessanti i contenuti sull'annata sci-fi, anche se su film e serie tv mi sarebbe piaciuto leggere più di un paio di paginette.

Il volume Ogni Maledetto Lunedì su Due di Zerocalcare, tenuto in stand by per parecchio tempo perché in parte già letto all'epoca sul suo blog. Di questo prodigio del fumetto si parla tanto e da tanti viene osannano, mentre qualcuno ne parla male e si lamenta dell'ironia facile e "per tutti" (come se fosse davvero un male, tra l'altro). Io a 'sto ragazzo gli devo tante grasse risate (indimenticabile, su tutte, la storia degli anziani alle prese con internet) e qualche seria riflessione tra le righe. Vale sempre la pena posare un occhio sopra le sue cose.

Il primo volume di Lucky Luke Gold Edition. Ho già la collezione completa della Gazzetta, si, ma quando si parla di Lucky Luke proprio non riesco a resistere (complice anche il pezzente prezzo stracciato in copertina di un euro). In realtà volevo saggiare la qualità degli approfondimenti in appendice a questa nuova edizione. La cosa mi tenta assai, ma non continuerò perché 1, basta spendere soldi e 2, la collezione non è per puristi perché prevede solo le storie scritte da Goscinny.

Poi ho visto, rivisto o finito di vedere film e serie tv rimasti ordinatamente in fila da qualche parte per mesi mentre imploravano un filo d'attenzione.

HO VISTO GIOIOSAMENTE:

I Guardiani della Galassia. I film dei super eroi mi interessano sempre meno, ma questo bisognava guardarlo per forza. La Marvel continua a sfornare questi filmoni intrisi di ironia e di occhiolini agli spettatori. Rispetto agli altri cinecomics panettoni, I Guardiani coglie nel segno. Fa ridere e diverte parecchio. E ben girato e curato e sfoggia una colonna sonora meravigliosa proprio perché non poteva essere più distante dai temi trattati (ci avresti creduto nel connubio anni '80/sci-fi?). Carino il trattamento sui personaggi, Peter Quill e Rocket Raccoon su tutti (legnosi il giusto gli altri), buono l'impianto scenografico da fantascienza quasi seria. Mi ha fatto piacere vederlo, insomma, anche se poteva durare qualcosina in meno. Se ti interessa, comunque, ti rimando ad un post di Dario che te ne parla in modo lucido e preciso (e che personalmente sottoscrivo quasi riga per riga).

HO RIVISTO, IMMERSO NEL TORPORE:


In pieno raptus da spy/action story (vai a capire), mi sono riguardato l'intera trilogia di Jason Bourne (astengasi il Legacy spin-off, per piacere). Ogni tanto s'ha da fare. Questo trittico cinematografico si esprime al meglio ed è senza dubbio tra i più affascinanti del genere. Il primo in particolare (The Bourne Identity), a distanza di ormai una tredicina di anni, rimane espressivo e potente come pochi. Sembra che Matt Damon abbia messo in cantiere un nuovo film e la volontà di interpretare nuovamente il buon Jason, a patto che alla regia torni Paul Greengrass. Aspettiamo con ansia.

Jack Reacher - La Prova Decisiva. L'ho rivisto per curiosità proprio dopo aver letto il libro di cui ti ho parlato sopra. Il film però è tratto dal nono romanzo (One Shot, in originale) che Child ha dedicato al personaggio. Film buonino e divertente dove l'ex militare vagabondo Jack Reacher (interpretato da un Tom Cruise legnosetto e con un taglio di capelli che sembra intagliato nel cemento) dovrà investigare su un ex cecchino che sembra improvvisamente aver sbroccato. Cose belle: il sorrisino sornione che ti viene fuori quando qualcuno vuol fare il culo a Reacher, non sapendo che verrà invece fatto a pezzi. L'interpretazione di un invecchiato ma sempre caparbio e capace Robert Duvall e di un loschissimo e truculento Werner Herzog, qui nelle vesti del cattivone di turno. Cose bellissime: l'attrice Rosamund Pike in stato di grazia con le sue mille faccette giggioneggianti (ma non solo). Novità degli ultimi giorni: per il 2016 è previsto il seguito, Jack Reacher 2, ispirato al 18° romanzo della serie ("Never Go Back", ancora inedito da noi) e che vede Cruise affiancato dalla bella Cobie Smulders.

HO FINITO DI VEDERE CON SOMMO GAUDIO:


La terza stagione dei Soprano. Colpi di scena come se piovessero. Riflessioni sagaci e ironia amarissima da "chetelodicoaffà". Ma è inutile che te ne parli ora. Magari lo faccio quando ho finito di rivedere l'intera serie, perché sarebbe proprio il caso di scrivere un saggio lungo decinaia e decinaia di pagine.

Daredevil. Finalmente. Era ora. Ci ho messo un po' perché ogni volta dovevo chiudere gli occhietti a fessura. Buio costante, voci bassissime, tanti dialoghi, tantissima sofferenza. Nonostante questo (o grazie a questo), la serie si è rivelata bella e interessante, sopra ogni aspettativa. La tipica cosa che poi ti viene da pensare: "Oh! E ci voleva tanto a fare una serie tv sui super eroi come Dio comanda?". Unico neo (ma vistoso): gli ultimi venti minuti dell'ultimo episodio (un costumaccio mal assortito e un salto in chiusura in autentico stile tartarughe ninja sono quasi riusciti a raffreddare i costanti bollori dovuti alla tensione fino a quel momento). Naturalmente scherzo (ma un po' anche no) e pure di Daredevil ti parlerò a parte, che merita.

Last Man on Earth. Te ne avevo già parlato qui. Ringrazio ufficialmente l'attore comico Will Forte per aver regalato a me e mia moglie dei momenti di risate fracassone e per aver interpretato il protagonista della serie, Phil Miller, l'ultimo uomo sulla terra, ma anche l'uomo più idiota, bugiardo, gigione e sfigato che abbia mai calcato le strade del nostro pianeta. Nemmeno Homer Simpson, credimi. E ringrazio pure la Fox che in America manderà in onda a giorni la seconda stagione. Grazie per tutto il buon umore.

Ho visto e letto tutte queste cose nell'arco dell'ultimo mesetto, insomma. Quando di tempo da perdere ne ho avuto parecchio. Soprattutto in quella decina di giorni in cui, privato di moglie e figlio (spediti al mare in una valigia di cartone, per essere impiastricciati ben bene in uovo e farina e poi panati sotto il sole rovente), mi sono ritrovato improvvisamente fustigato e demoralizzato dalla totale assenza di impegni, vagabondando per casa come una vacca sottratta al suo pascolo e con gli occhi vitrei fissati su un orizzonte basso, piatto e lontanissimo. E quindi non mi restava che dedicarmi a tutte le cose qui sopra.

Certe cose posso succedere una volta ogni tot anni.
E solo ad agosto.

Pausa finita, andiamo in pace.

Di mass market e letture d'intrattenimento

$
0
0
E'"mass market" il largo gruppo di consumatori al quale è destinato uno specifico prodotto.
Il target, la "massa" in oggetto, spesso è costituito da una ricca varietà di individui con gusti, desideri, età e ceto sociale differenti. Ecco perché a molti, il termine in questione tendenzialmente suona come una bestemmia.
La massa è una bestia generica dalle zanne insanguinate che non puoi censire come si deve e quindi fa paura anche all'uomo della strada che non sa di farne parte. Ecco perché un libro (o un altro oggetto) viene acquistato da tizio, senza che nemmeno sappia di far parte di quella larga cerchia o, al contrario, snobbata da caio proprio perché prodotto destinato alle masse.


Il mass market esiste e funziona come target studiato dal marketing, ma nessuno in realtà può spiegarti fino in fondo un fenomeno di tale portata che, ad uno studio un po' più approfondito, risulta reggersi anche su basi inconsistenti, in alcuni casi addirittura controproducenti (in larga parte si tratta comunque di una scommessa, dove vengono alla ribalta i grandi successi di vendita ma quasi mai i grossi buchi nell'acqua).

Si tratta di un fenomeno che si sviluppa per lo più in ambito distributivo, studiando un pezzo di popolo, i suoi gusti medi e il suo posizionamento e di conseguenza dislocando il prodotto in precisi luoghi.
Un po' come funzionano i meta-dati sul web, hai presente? Compri una volta una lampada a forma di orsetto del cuore su Amazon e da quel momento cominceranno ad apparirti ovunque lampade dalle forme più disparate.
Qualcuno, ben nascosto dietro lo schermo del tuo pc/mac, ha visto che prediligi quel preciso prodotto e tanto basta per far di te il target per prodotti della stessa tipologia.
Una bestemmia, insomma, ma il giochetto sembra dare i suoi frutti e per questo è inattaccabile.

Ecco perché spesso accade che tra i tanti abituati a pensare con la propria testa, c'è l'usanza di credere che un prodotto dettato e spinto dal mercato e per il mercato, è roba di poco conto, buono solo per la casalinga di Voghera.
I primi cinque libri più letti nelle classifiche nazionali, tranne rare eccezioni, puzzano a prescindere, no? Ma se in quella classifica per una volta appare il tuo scrittore preferito e il suo nuovo libro che hai già letto e trovato grandioso, allora per te c'è una differenza. Ma ormai è già troppo tardi. Sei entrato nel fatato mondo del mass market senza nemmeno volerlo.
Non te ne sei accorto o non te ne sei voluto accorgere, ma cazzo, ormai è fatta. Hai contratto questa brutta malattia.

Esiste una cura per evitare che la cosa peggiori?

Si. Non guardare più le etichette. Non CREDERE più nelle etichette.


Non aiuta il fatto che genericamente il lettore colto tende a credere che mentre lui va in libreria per acquistare un titolo preciso, quello medio (acerrimo nemico suo e dell'intero popolo diligente) si lasci ispirare invece da uno a caso tra quelli che trova sullo scaffale.
Sbagliato anche questo, naturalmente. Ma non devo certo dirtelo io.

P.S.: Bada benissimo. Non ti sto dicendo che non esistono lettori cattivi, anzi. Le strade ne sono piene. E' solo che spesso misuriamo la cosa con gli strumenti sbagliati.

Ma ora parliamo un attimo della "letteratura d'intrattenimento", altra etichetta che a molti suona più o meno come sacrilega, proprio perché si associa il concetto a quei libri con quelle storie un po' così dentro, destinate appunto al mass market.
Altra grossolana abitudine sbagliata, questa, di credere che le due cose siano direttamente collegate o, per questo, sminuire senza cipiglio la letteratura d'intrattenimento. Lo fa anche Carmela Soprano nel secondo episodio della quarta stagione quando rimprovera la figlia perché a bordo piscina non legge cose serie ma quei "romanzi d'avventura" (quindi non letteratura, ma altra roba). Eppure Carmelaè la casalinga di Voghera per eccellenza delle serie tv a stelle e strisce. E' un cane che si morde la coda. Com'è possibile?


E' naturale che l'argomento generi confusione. Per dire, se fai una capatina su Wikipedia, alla voce "intrattenimento" c'è scritto:
"L'intrattenimento è un'azione, un evento, un'attività, un prodotto letterario, che ha come scopo quello di divertire e interessare un pubblico (il "pubblico" può essere composto anche solo da una persona)."
Si, alla voce menzionata trovi "azioni", "eventi" e "attività". E poi si esce dal generico per fare un riferimento preciso proprio al "prodotto letterario". Le sei o sette righe su Wikipedia non rendono giustizia alla questione e non aiutano chi vuole capire l'inghippo, perché poi a seguire si legge che:
"La lettura non viene considerata generalmente intrattenimento, ma piuttosto come riposo poiché l'intrattenimento generalmente richiede che il fornitore dello spettacolo sia visibile allo spettatore."
Se ne deduce quindi che un prodotto letterario può essere d'intrattenimento, ma la lettura (l'atto di leggere) no.
Però da queste parole viene fuori un'idea interessante, una suggestione di una certa importanza. E te la butto lì, sperando di non attirare su di me l'ira funesta dei puristi delle etichette. Sei pronto?

TUTTA la letteratura è intrattenimento.


Ci sei rimasto male? Quanto? Ti senti svilito e svuotato? Senti che questa affermazione possa in qualche modo cancellare anni e anni di letture colte? Fattene una ragione.

Io credo che quando molti scrittori (o sceneggiatori di fumetti, film e serie tv) prenderanno davvero coscienza di produrre intrattenimento (termine che al suo interno racchiude parecchie altre cosette), smettendo invece di prendere distanza da esso, le cose cominceranno a funzionare meglio.

Tutto questo per spiegarti come a volte anche tipi come me e te, che le etichette le guardano ma solo di sbieco, riescono ad essere sorpresi da un prodotto che non avremmo mai pensato potesse farlo. E quando accade, la sensazione è talmente meravigliosa che tendi a nasconderti come se si dovesse provare vergogna. Senti uno scintillìo dentro di te e per questo sei costretto a rimettere in discussione quelle etichette di cui parlavamo.
A me, per dire, è successo a quindici o sedici anni. Arrivavo da Hermann Hesse e Schopenhauer (non ero un ragazzo prodigio, eh, semplicemente ho dovuto costruirmi un percorso di lettura da solo, com'è successo a molti) e poi sono arrivati dal nulla il Dracula di Stoker e il Moby Dick di Melville.
Hesse e Schopenhauer sono rimasti lì. Ma presto, accanto a loro, sono poi arrivati altri "intrattenitori".

E meno male. Altrimenti mi diventavo un altro di quegli ottusi radical chic che se ne vanno in giro a dire quanto sia buono il pane, senza averci mai ficcato dentro due fettine di salame.

Grazie per l'attenzione.

P.S.: Questo post è stato realizzato cercando di suggerire riflessioni e suggestioni sull'argomento trattato, ma rimane prevalentemente uno scritto d'intrattenimento.

Kent Williams (e due)

$
0
0
Dei saporiti lavori di Kent Williams ti avevo già parlato qui. Cartoonist, illustratore, prolificissimo e instancabile lavoratore, Williams non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni. I suoi dipinti sono una manna per gli occhi e un faro per chi cerca ispirazione. E ora è giunto il momento di godere delle sue cose più recenti, tra dipinti e disegni.

Buona visione: www.kentwilliams.com






















Illustrazioni Internazionali

$
0
0
Sul numero 1119 di Internazionale in edicola da ieri ci trovi un paio di mie nuove illustrazioni che cercano di impreziosire l'articolo "Se il mio telefono sa per chi voti", scritto da Douglas Coupland (autore, tra gli altri, di alcuni successi come Generazione A e Le Ultime 5 Ore).
L'articolo in questione disquisisce su come e quanto è cambiato il web in questi ultimi anni (e su come abbia cambiato noi) e cerca di anticipare in che modo potrebbe ancora evolvere, nella buona e nella cattiva sorte. Su quanto possano essere oscuri certi meandri della rete, sull'invasivo potere dei meta-dati e su quanto sia facile che il tuo doppelgänger virtuale prenda vita sulla rete, nonostante tutte le tue attenzioni perché ciò non accada.


Zona Pericolosa

$
0
0

Quando nel 1997 l'autore televisivo britannico Lee Child decise di debuttare come scrittore di thriller, non immaginava certo che la sua creatura, Jack Reacher, sarebbe presto divenuta oggetto di best-seller destinata a vendere copie come se piovessero e a macinare capitoli uno via l'altro.
Da allora Child non ha scritto altro. Solo romanzi con Reacher come protagonista (se si esclude una manciata di racconti brevi). E ne ha scritti ben 20, di libri, tutti tradotti anche in italiano da Longanesi, a parte gli ultimi tre.

Jack Reacher, cavaliere solitario d'altri tempi,è una figura a suo modo romantica: dopo 13 anni di onoratissimo servizio  come ufficiale della polizia militare americana, Jack decide di congedarsi dall'esercito per dedicarsi ad una vita vagabonda, libera dai condizionamenti del sistema. E così, ispirato dalle voglie del momento, comincia a girare per gli Stati Uniti senza una meta precisa. Ma anche senza una fissa dimora, un indirizzo di riferimento, un recapito telefonico o una carta di credito. Praticamente irrintracciabile per chiunque. Ma Jackè anche una persona molto pericolosa e con il pallino di raddrizzare i torti.

Zona Pericolosa (Killing Floor, 1997), premiato con l'Anthony Award e il Barry Award come miglior romanzo d'esordio, segna appunto l'inizio delle sue avventure, quando un pullman di linea della Greyhound lo porta dalla Florida a Margrave, piccola cittadina della Georgia.
E neanche il tempo di fare colazione, che il povero (imperturbabile) Jack viene tratto in arresto dalla polizia locale con l'accusa di omicidio.
Il resto della trama non te la posso raccontare perché ti rovinerei uno degli innumerevoli, ottimi colpi di scena che Childè così bravo a confezionare (parecchi e tutti di pregevole fattura). Buona la prosa dell'autore che non si perde troppo in arzigogoli attraverso una scrittura asciutta il giusto. Ottimi e ben curati i vari personaggi in campo, dall'ispettore Finlay alla bella poliziotta Roscoe, dal mastodontico agente dell'FBI Picard fino alla temibile famiglia Kliner, il banchiere Hubble, il sindaco Teale a parecchi altri.

Buoni gli intrecci della trama e la smaccata predisposizione dello scrittore inglese nel saper descrivere davvero a modo le scene d'azione (e non è cosa da poco, credimi). Ottimo il senso di rivalsa e sicurezza che restituisce il personaggio ogniqualvolta viene minacciato e puntualmente, mentre un sorriso sornione ti si stampiglia in faccia a te che leggi, riesce a sfangarla facendo tanto male a qualcuno. O quasi sempre, diciamo.

Unici nei, se proprio bisogna star sempre lì a cercarne, sono la lunghezza del romanzo (quasi 500 pagine, ma con un centinaio in meno sarebbe risultato narrativamente più agile e snello) e la psicologia del personaggio combattuta incertamente tra un Reacher duro e sempre pronto a fare il proprio dovere, amante della libertà a tutti i costi, e uno che si chiede che piega prenderebbe la propria vita accasandosi finalmente con la fiamma di turno in una bella casetta nella periferia americana (ma presumo dipenda dall'insicurezza nel tratteggiare il protagonista qui appena al suo esordio).


Conclusioni?
Zona Pericolosaè un meraviglioso passatempo che ti tiene incollato alla sedia. Un'opera di intrattenimento inaspettata venuta fuori dal buio con lo stesso impeto di un manrovescio in piena faccia. Un primo capitolo al quale (non subito, ma presto) seguirà di sicuro il secondo, Destinazione Inferno (Die Trying, in originale, che fa più figo).

"Haunter" by Sam Alden

$
0
0
Sam Aldenè un illustratore e cartoonist originario di Portland, nell'Oregon, autore tra le altre cose di It Never Happened Again, un suggestivo libro a fumetti realizzato solo a matita e pubblicato dalla Uncivilized Books. Vincitore di due Ignatz Awards, attualmente vive a Los Angeles e lavora come storyboardista in Cartoon Network sulla nota serie animanta Adventure Time.
Qualche tempo fa Alden ha scritto e disegnato Haunter, una storia a fumetti senza parole e dai temi smaccatamente onirici, meravigliosamente dipinta ad acquerello, condividendola in rete con il resto del mondo.

Qui sotto un'anteprima delle sue vignette, mentre le due parti della storia completa le trovi qui: Parte 1 | Parte 2





Viewing all 678 articles
Browse latest View live